MERITOCRAZIA: La solita scusa per tagliare il diritto allo studio

Le Università italiane hanno visto, solo nell’ultimo anno, 26 mila laureati in meno. Dal 2010, anno in cui è entrata in vigore la riforma Gelmini, ad oggi, sono 12 mila in meno gli immatricolati.
Sempre più famiglie, infatti, si trovano impossibilitate ad affrontare spese in costante aumento, ma obbligatorie per proseguire gli studi. Uno studente, uscito dalle superiori, ha di fronte a se un minimo di tre anni di percorso universitario nei quali dovrà sobbarcarsi tasse altissime, costanti spese per trasporti e libri di testo, oltre a quelle collaterali, quali mense e affitti nel caso dei fuori sede.Oggi la maggior parte delle famiglie in difficoltà economica non ha alcuna possibilità di scelta riguardo al futuro dei propri figli, essendo l’investimento nell’istruzione troppo oneroso e ben poco proficuo.Ecco quindi che il numero dei laureati diminuisce di anno in anno, poichè lo studio universitario sta diventando sempre più un “bene di lusso” che sempre meno persone possono permettersi. E nondimeno le stesse lauree, ottenute spesso con notevoli sacrifici, non offrono più alcuna garanzia di un lavoro fisso o ben retribuito.

In questa situazione di mancanza di qualsiasi prospettiva futura per noi giovani, si colloca la nuova “opportunità” offerta dall’Università Statale di Milano: un consistente sconto sulle tasse del primo anno per pochissimi “ultra-meritevoli”, ovvero per quanti avranno ottenuto un voto di maturità pari a 100 o 100 e lode. Sconti che saranno totalmente indipendenti dalle soglie di reddito, come si premura di farci sapere la stessa Università tramite il suo sito web.
Totalmente indifferente alla massa di studenti in difficoltà economica, l’Università Statale di Milano sceglie di offrire ricchi premi ad una piccolissima minoranza di studenti eccellenti. Questa mancanza della discriminante di reddito è ulteriore conferma di quanto portano avanti da decenni le università italiane, assoggettate ai dettami del mercato lavorativo: la progressiva espulsione dagli studi universitari delle fasce meno abbienti, quelle più colpite dalla crisi. Oggi l’esigenza del mercato non è più avere un gran numero di lavoratori qualificati, ma incrementare sempre di più il numero dei “potenziali lavoratori”, un esercito lavorativo di riserva, facilmente interscambiabile, e quindi sfruttabile. Lavoratori variamente formati che resteranno a disposizione delle aziende per sostituire quanti non si siano dimostrati abbastanza “flessibili” e pronti ad accettare qualsiasi condizione. Ed è per questo che da anni assistiamo a tagli sempre maggiori del diritto allo studio: tagli alle borse di studio, riduzione delle agevolazioni per i costi degli abbonamenti dei mezzi di trasporto, eliminazione dei pasti nelle mense, chiusura degli studentati.

Noi, come studenti e lavoratori, siamo convinti che il diritto allo studio debba essere universale e che di tale diritto debbano godere (sembra assurdo doverlo sottolineare) anche quanti non abbiano ottenuto 100 alla maturità. Le poche briciole distribuite ad un elité meritevole, nascondono un’intera torta che viene ogni anno rubata dalle nostre tasche, e un diritto allo studio del quale vengono privati sempre più giovani.
E’ proprio in questo contesto che l’Università menziona questa nuova “offerta” come un “non indifferente” (cit Repubblica) sforzo economico, per cui saranno impiegati ben 4,3 milioni di euro, mentre nel bilancio del 2015 sono previsti 172 milioni di avanzo nelle entrate!
Riteniamo che nessuno possa esimersi dal rivendicare i propri diritti: nel caso specifico, che il diritto allo studio abbia un reale significato e non sia una parola priva di senso, ovvero che i fondi dell’università vengano destinati ad abbattere le maglie che rendono l’Università un’istituzione classista.

Il diritto allo studio deve assicurare l’accesso all’università a prescindere dal voto, le agevolazione devono essere garantite come diritto universale.
UNIVERSITÀ PER TUTTI, LIBERA E GRATUITA.

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Cena di autofinanziamento VENERDì 27 FEBBRAIO

Venerdì 27 febbraio alle ore 20.00, presso la Panetteria Occupata di via Conte Rosso 20, ci sarà la cena di autofinanziamento dell’Assemblea di Scienze Politiche.
A seguire DjSet!

Combattere contro l’università azienda in modo indipendente, liberi da qualsiasi sigla politica e sindacale, necessita di finanziamenti, per stampare i volantini, per il toner della stampante,..se condividi anche tu la nostra lotta vieni a “mangiarti i baroni”!

CenaAutofinanziamento

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JOBS ACT: cos’è, da dove arriva e quali interessi rappresenta.

jobsAct

Mercoledì 11 febbraio h 14.30, presso lo Spazio Occupato di Scienze Politiche, si terrá un’iniziativa incentrata sul Jobs Act con la partecipazione dell’avvocato del lavoro Alessandro Villari.
Durante la stessa presenteremo anche un documento di analisi sul Jobs Act.

Come studenti universitari abbiamo sentito l’esigenza di discutere e analizzare questa nuova, ed ennesima, riforma lavorativa, perché siamo e saremo toccati da questa legge. Non solo perché un domani dovremo lavorare, ma anche perché la maggior parte di noi studenti già ora è costretta a farlo. Infatti, anche se l’università costituisce una fase di transizione dal mondo della formazione a quello lavorativo, buona parte di noi studenti deve lavorare a causa dello smantellamento del diritto allo studio e dei continui tagli.

Il nostro intento è quello di capire, sia i cambiamenti messi in atto dal Jobs Act, sia le reali motivazioni per cui vengono portate avanti questo genere di riforme. D’altronde siamo ben consapevoli che le riforme lavorative, attuate dall’uno o dall’altro governo, hanno la sola esigenza di rispondere alle necessità della classe padronale.

Il cosiddetto Jobs Act, il maxiemendamento riguardante le nuove politiche lavorative italiane, è stato approvato il 25 novembre alla Camera. Nonostante l’approvazione di tale testo, entro il 12 febbraio verranno discussi e votati i decreti attuativi, che giocheranno un ruolo decisivo all’effettiva entrata in vigore dello stesso.

Perciò la partita è aperta: opporsi a tale legge è ancora possibile.

Ma, per contrastarla concretamente ed efficacemente, non possiamo prescindere da un’opposizione all’economia di mercato capitalista, di cui il Jobs Act è emanazione. Infatti il problema non è la riforma in sé, ma la struttura economica su cui questa si basa.

Vi aspettiamo l’11 febbraio per confrontarci e discutere assieme!

Assemblea Studenti Scienze Politiche

scienzepolitichemilano@inventati.org

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Quando sgomberano i nostri diritti, occupare diventa necessario!

Da due mesi a oggi giornali, televisioni e in generale i Mass Media affrontano quotidianamente il tema delle occupazioni a scopo abitativo. Tale fenomeno, a seguito della presente crisi economica che mette in ginocchio un numero sempre maggiore di famiglie, ha assunto oggi una dimensione di massa.

I giornali parlano di 5000 appartamenti occupati nella sola Milano. Parallelamente centinaia di famiglie nell’impossibilità oggettiva di continuare a pagare affitti e mutui si trasformano da regolari a morosi. La risposta a questa situazione da parte della classe politica e delle forze dell’ordine è solo una: il pugno di ferro, ovvero sgomberi e sfratti. Buttare intere famiglie in mezzo ad una strada, è un Atto che viene ampiamente consentito e legittimato nei confronti dell’opinione pubblica con una incessante propaganda di criminalizzazione degli occupanti e dei loro solidali. Le prostitute della (dis)informazione si affannano per dipingere gli occupanti- come criminali coperti da organizzazioni pseudo mafiosi e per instillare il timore nei “bravi” cittadini di ritrovare la propria abitazione “occupata” al ritorno da qualsiasi generica commissione. La volontà del Comune e dell’Aler (ente privato che gestisce gli alloggi pubblici) è chiara: porre in aperto scontro “abusivi” e “regolari”. Il dato oggettivo è che nella città di Milano, ci sono attualmente più di 80 000 alloggi di edilizia privata vuoti, ai quali si aggiungono 8000 case di gestione dell’Aler e 3000 del Comune; contemporaneamente l’assegnazione di case alle famiglie richiedenti è bloccata. A livello sia nazionale che regionale è stato varato un piano di vendita di buona parte del patrimonio pubblico consistente negli alloggi popolari. Come ci insegnano nei corsi di economia, per vendere una merce a caro prezzo è necessario che l’offerta sia scarsa e la domanda alta. L’Aler, sull’orlo della bancarotta, ha quindi tutto l’interesse a lasciare vuoti e inutilizzabili buona parte degli appartamenti che gestisce, per poter in tal modo ottenere il massimo profitto dalla vendita degli altri. Ecco che si scatena quindi la guerra alle occupazioni, soluzione concreta per le famiglie in difficoltà ma spina nel fianco degli affaristi operanti tanto per il settore pubblico quanto per quello privato. A fianco di chi rischia ogni giorno di essere sgomberato o sfrattato sono nati in tutte le città italiane comitati di Lotta per il diritto alla casa. Questi, attraverso le parole d’ordine di mutuo soccorso e solidarietà attiva, si impegnano a dare una riposta concreta a questa emergenza; aiutandosi reciprocamente per bloccare e posticipare gli sfratti e occupando appartamenti lasciati vuoti da anni. Tali pratiche non nascono dalla volontà di “tappare i buchi” nell’agonizzante Welfare italiano, ma vogliono essere una lotta politica dal basso contro un sistema economico che, per garantire il “diritto” di banche e aziende di possedere decine di stabili sui quali lucrare, non si fa scrupoli a togliere anche la casa a famiglie spesso già poste in condizioni di disagio da questo stesso sistema. Noi, come studenti, siamo tutt’altro che distanti dalla problematica abitativa. Infatti sono moltissimi gli studenti fuori sede che si scontrano con affitti elevatissimi a cui si aggiunge un costante carovita nella quotidianità milanese. L’Università non da alcuna risposta, ma anzi la sua prima rata è tra le più alte d’Italia, le borse di studio vengono ogni anno ridotte e il numero degli alloggi assegnati agli studenti è irrisorio. Proprio per questa serie di motivazioni sentiamo il bisogno di sostenere i già presenti movimenti di Lotta per il Diritto alla Casa e di avviare un percorso tra gli studenti universitari per dare una risposta collettiva e concreta al problema degli alloggi. Siamo convinti che la soluzione alle nostre difficoltà non possa essere individuale: un problema che ci coinvolge tutti non può che essere risolto tramite l’azione comune.

STOP A SFRATTI E SGOMBERI,

PRETENDIAMO UNA CASA PER OGNUNO E ALLOGGI PER GLI STUDENTI.

L’assemblea di Scienze Politiche si trova tutti i Lunedì e Giovedì alle ore 14.30 allo spazio occupato, via Conservatorio 7

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14/11 – STUDENTI E LAVORATORI: UN’UNICA CLASSE, UN’UNICA LOTTA!

Il 14 novembre è stato annunciato uno sciopero nazionale, con manifestazione a Milano, da parte della FIOM per contrastare le politiche sul lavoro espresse nel Jobs Act del Governo. In piazza saranno anche presenti i sindacati di base e i movimenti sociali in lotta anche se si muoveranno in altro corteo per le vie di Milano.

Come studenti universitari pensiamo che sia fondamentale portare supporto e solidarietà alle lotte dei lavoratori.

L’università e il mondo del lavoro fanno parte di uno stesso sistema socio-economico, che ne determina le strutture organizzative, i rapporti e la condizioni di studenti e lavoratori. Le lotte che portiamo avanti come studenti all’interno dell’università, sul diritto allo studio e sull’eliminazione della selezione di classe, sarebbero vane senza un collegamento forte con il resto delle lotte sociali. Infatti, soprattutto in questo periodo, la priorità dello Stato è il pareggio di bilancio, che viene declinato attraverso la riduzione della spesa pubblica e quindi dello stato sociale: nel momento in cui, come studenti, rivendichiamo maggiori risorse per il settore della formazione, così dicendo, ovviamente, non vogliamo certo che tali finanziamenti vengano fatti a discapito di altri settori sociali, come la sanità o il welfare state in generale.

In quanto ci riconosciamo come futuri lavoratori in formazione, come lavoratori-studenti già occupati ed in ogni caso come figli di lavoratori, rifiutiamo una visione delle rivendicazioni di tipo categoriale e corporativistica (studenti con studenti, operai con operai…), mentre proponiamo una visione unitaria delle lotte, che è l’unica che può portare ad un miglioramento effettivo delle condizioni delle classi subalterne.

Sappiamo bene, vivendola sulla nostra pelle, qual è la condizione di subalternità, di precarietà e di eliminazione delle garanzie lavorative a cui stanno portando le politiche degli ultimi anni, di cui il Jobs Act rappresenta solo l’ultimo passo.

Ulteriori fattori di collegamento tra l’università e il lavoro sono l’adattamento della struttura universitaria ad un sistema organizzativo di tipo aziendale e la dipendenza del percorso formativo alle necessità del mercato del lavoro. L’università si ritrova ad avere la funzione di modellare lo studente su quelli che sono i ritmi, i rapporti e le necessità di un’azienda. Questo processo di aziendalizzazione si concretizza, tra l’altro, nella gestione privatistica dei fondi e delle strutture dell’università da parte del rettorato e dell’alto baronato. Inoltre l’adattamento alle necessità del mercato del lavoro si vedono nella somministrazione di stage e tirocini sottopagati o non pagati, o anche nell’indirizzamento della ricerca e della formazione a quelle che sono le necessità dell’economia capitalistica, cosa che contribuisce ulteriormente ad abbassare il prezzo del lavoro di tutti i lavoratori.

Il taglio delle borse di studio e l’aumento delle tasse universitarie così come l’eliminazione delle garanzie sindacali e l’abbassamento dei salari fanno parte di uno stesso attacco ai diritti della classe lavoratrice, nel tentativo di abolire tutte quelle conquiste ottenute in decenni di lotta.

E’ per questo che è importante esserci in corteo a fianco degli operai e dei movimenti di lotta per ribadire l’opposizione ad ogni peggioramento della nostra condizione sociale di studenti e lavoratori.

Il 14 Novembre parteciperemo al corteo indetto dalla FIOM ma prendendo parte allo spezzone del sindacato SI COBAS, il quale porta avanti da anni lotte, anche aspre, senza arretrare di un passo nell’obbiettivo di migliorare le condizioni di lavoro nelle aziende del settore della logistica e non solo, partendo dal rifiuto della contrattazione al ribasso, che in un momento di forza tale espressa dalla classe imprenditrice non può che essere fatta sulle spalle dei lavoratori.

Ci troviamo tutti e tutte alle 9 a Scienze politiche per raggiungere insieme il concentramento.

Assemblea Scienze Politiche

spomilano.noblogs.org

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…E’ SEMPRE IL SOLITO RI-TORNELLO!

Borse di studio che diminuiscono ogni anno, rette tra le più alte d’Italia, di mense ce ne sono poche (nella facoltà di Scienze Politiche sono persino assenti) e costose. In poche parole quello che è rimasto del diritto allo studio è un flebile lumicino lasciato acceso più per opportunismo che per altro, mentre stipendi e finanziamenti di ricerca per i signori docenti-baroni non mancano mai.

Eppure, in questo quadro desolante, nelle ultime settimane, il rettore Vago e l’amministrazione dell’Università Statale di Milano hanno comunicato una loro decisione: una spesa di decine di migliaia di euro per l’installazione di telecamere e tornelli all’interno dell’Università.
L’alto baronato che domina l’università, contestato e interrogato in merito, si è affrettato a dichiarare che le telecamere saranno limitate agli “spazi interni, non pubblici” (chissà se verranno rispettate le norme che vietano il controllo a distanza dei propri dipendenti). Mentre per quanto riguarda i dispositivi di limitazione d’accesso al momento abbiamo assistito ad una roccambolesca, quanto sospetta, marcia indietro.

Già perché se l’università è un luogo pubblico e aperto a tutti, ora succederà che solo coloro dotati dell’autorizzazione necessaria, concessa dal Rettore, potranno accedere ai luoghi sottoposti a tali restrizioni. Questo si aggiunge alla triste norma in vigore dall’anno scorso la quale sancisce che, se gli studenti volessero organizzare una qualsiasi iniziativa, per invitare un relatore esterno, dovranno d’ora in poi richiedere l’autorizzazione di Vago, o chi per lui.

E’ chiara la volontà ad impedire non solo l’auto-organizzazione di noi studenti, ma a rendere più difficoltose anche le possibili relazioni con altri settori sociali: pensiamo alle tante volte che ci siamo trovati ad entrare negli uffici dei lavoratori dell’università e non solo, pratica che ci ha permesso di sostenere fianco a fianco lotte comuni ma anche semplici relazioni di convivenza e di reciproca solidarietà.
Tutto ciò non è altro che un ulteriore piccolo passo che palesa la tendenza oramai accertata dell’utilizzo privatistico di fondi e strutture: scelte arbitrarie che, senza rendere conto al corpo studentesco, spostano i già pochi fondi destinabili al diritto allo studio verso investimenti di dubbio valore ed utilità.
E sono gli stessi che ci dicono che l’università pubblica è inefficiente!

Tali atti evidenziano ciò che intendiamo quando parliamo di aziendalizzazione dell’università: al nostro rettore, cosi come all’istituzione universitaria in generale, poco importa della nostra sicurezza: la possibilità di poter finire il corso di studi, grazie ad alloggi e borse di studio, senza dover rincorrere tempi e scadenze, affitti inaccessibili, lavori al limite dello schiavismo e dalla flessibilità più sfrenata.Tutto ciò è reso ancora più assurdo dal fatto che l’università venga pagata a caro prezzo grazie al lavoro nostro e/o dei nostri familiari.

Non vogliamo maggior controllo, ma vogliamo riprenderci ciò che ci spetta e che dovrebbe essere già nostro: l’università è di chi la vive quotidianamente, non di chi dell’università intende farne una propria azienda.

Vogliamo che l’università sia libera ed accessibile a tutti, e non sia invece una barriera sociale, da una parte, alla crescita critica collettiva oltre che personale, dall’altra, a condizioni di vita più giuste e dignitose.

Assemblea Scienze Politiche

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Corteo della Lega “stop all’invasione”. A tutti gli immigrati SOLIDARIETA’!

Nell’attuale periodo di crisi che colpisce tutti noi, con difficoltà economiche che rendono una sfida per molte famiglie l’”arrivare a fine mese”, la Lega Nord riscopre il suo odio per l’immigrazione e lo scatena in una manifestazione nazionale a milano prevista per il 18 ottobre.

L’immigrazione è da sempre una fonte di profitto per l’industria dei paesi dell’”occidente economico”. Immigrazione significa una grande massa di potenziali lavoratori senza qualifiche che, a causa delle loro condizioni di vita, saranno pronti ad accettare qualsiasi impiego a qualsiasi retribuzione. Anche la grande maggioranza di loro, che non verrà assunta, servirà come effettiva minaccia per i lavoratori, che si vedranno costretti ad accettare riduzioni di salario e peggioramento delle condizioni pena il venir rimpiazzati da qualcuno più docile e “flessibile”.
Le leggi sul lavoro portate avanti tanto dalla destra quanto dalla sinistra, razziste nel vero senso della parola, tengono i lavoratori immigrati in una costante situazione di inferiorità e ricattabilità, che li spingerà ad essere proni a qualsiasi richiesta dei loro padroni. Ma il peso di queste politiche razziste ricadono su tutti noi: infatti il lavoro, essendo trattato come una merce in questo sistema economico, risponde a leggi di mercato, quindi a fronte di una rinnovata competitività tra lavoratori il prezzo tenderà a slittare verso il basso, ovvero se un lavoratore straniero per non perdere il permesso di soggiorno dovrà accettare la paga di 3 euro all’ora, tutti i lavoratori subiranno una pressione in questo senso sui propri salari che, come stiamo sperimentando sulla nostra pelle tenderanno ad uniformarsi a questo nuovo prezzo.

In questo panorama si inserisce il razzismo xenofobo propagandato dalla lega. Dei lavoratori che si odiano l’un l’altro per il colore della propria pelle sono la gioia del padrone, che potrà impunemente sfruttarli tutti quanti e tenerli in scacco.
Non a caso gli elettori maggiormente coccolati dal partito “secessionista” sono quella classe di medio-imprenditori che tutto ha da guadagnare dal fatto che ci siano sì molti immigrati, ma che essi siano costantemente discriminati e disprezzati, e che pertanto accettino di subire ogni tipo di angheria pur di portare a casa qualche soldo.

Per lo stesso motivo il razzismo, è “di classe”. Vittima della discriminazione razziale sarà sempre l’immigrato povero e privo di mezzi, ma le vittime finali di queste politiche sono i lavoratori tutti autoctoni o immigrati che siano.

A tutto ciò è necessario rispondere uniti laddove ci vorrebbero divisi dalle nostre diverse origini e culture. Le varie lotte di rivendicazione di diritti che appartengono a tutti, dalle lotte per il diritto alla casa agli scioperi del settore della logistica, hanno avuto come principali partecipanti proprio le famiglie e i lavoratori immigrati. Proprio per questo il razzismo è quanto mai necessario a quanti ci sfruttano e mangiano sulle nostre spalle. Guai se tali lotte ricevessero ampio sostegno, molto meglio che gli immigrati siano visti come un problema, una piaga da estirpare.

Sostenere le lotte degli immigrati significa quindi lottare per migliorare anche le NOSTRE condizioni di vita.

Per questi motivi, come studenti e lavoratori, saremo in piazza il 18 ottobre per opporci alla manifestazione leghista, legittimazione ideologica del razzismo istituzionale.

SE CI SONO TANTI DISOCCUPATI, LA COLPA è DEI PADRONI E NON DEGLI IMMIGRATI!

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CORTEO STUDENTESCO 10/10 h. 9 @ Scienze Politiche CORTEO NO EXPO 11/10 h. 15 @ P.le Duca d’Aosta

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11 OTTOBRE: EXPO LE NUOVE REGOLE DELLO SFRUTTAMENTO

Chiunque passi da Milano e provincia, non potrà non notare la propaganda del “Grande evento” che colpirà Milano dal Maggio 2015: EXPO. Il bombardamento mediatico è incredibile: manifesti pubblicitari, siti internet creati ad hoc, video promozionali e persino i grattacieli vengono votati all’esaltazione di quello che ci viene mostrato come una sorta di festival mondiale, portatore di prosperità e radiose prospettive per il futuro.
Ma la realtà risulta essere invece quella di un enorme cantiere di sfruttamento, tanto del territorio quanto dei lavoratori che vi saranno impiegati.
I sindacati confederali hanno firmato accordi con le società che si occuperanno della realizzazione di EXPO affinché i contratti di lavoro che esse stipuleranno deroghino da quelle che sono le “garanzie nazionali”. Questo significa che per i lavoratori del grande evento vi saranno salari molto più bassi, ritmi di lavoro triplicati (oltre l’orario giornaliero che va ben oltre le 8 ore e, in taluni casi, scompare il riposo settimanale) poche o nessuna tutela, totale precarietà.
Lungi dall’essere un evento occasionale, l’EXPO sarà il banco di prova per questa nuova forma di lavoro-schiavitù, un passaggio obbligato per Confindustria e governi con l’aiuto del sindaco Pisapia, prima di poter estendere queste nuove condizioni di lavoro e trasformarle da eccezione a norma.
Questa è la reale importanza di Expo e l’unica vetrina messa in gioco per le aziende che parteciperanno è la seguente: un nuovo passo avanti dell’attacco alle condizioni di vita di noi tutti, ora che le attuali politiche di austerity e flessibilità non bastano più.
Anche la nostra università si è distinta nel fornire alle aziende forza-lavoro a costo zero: noi studenti reclutati tramite stage e tirocini non pagati.
Ma per noi studenti i danni portati da EXPO vanno oltre il peggioramento delle condizioni lavorative e ne vediamo già le conseguenze nei servizi pubblici.
Molti di noi si trovano a barcamenarsi tra la drastica mancanza di alloggi per studenti e affitti esorbitanti. Con l’arrivo di EXPO tali affitti sono aumentati e continueranno a farlo, inoltre intere aree prima popolari, grazie alla “riqualificazione” saranno destinate ad usi commerciali e appartamenti per l’élite.
Come studenti e lavoratori, non accettiamo di subire passivamente tali trasformazioni in peggio delle nostre condizioni, rivendichiamo la necessità di lottare perché il nostro diritto allo studio diventi veramente tale e non più un bene da acquistare con grandi sacrifici o a cui rinunciare e affinché il lavoro cui accederemo non sia all’insegna della precarietà e del più bieco sfruttamento.

Per questo aderiremo alla manifestazione contro EXPO 2015 Sabato 11 Ottobre.

ASSEMBLEA SCIENZE POLITICHE

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10 OTTOBRE: IN PIAZZA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO

Anche quest’anno alla riapertura dell’anno accademico noi studenti ci troviamo di fronte un’università che invece di essere un luogo di sapere aperto a tutti diventa sempre più un privilegio da pagare a caro prezzo. Ogni giorno ci scontriamo con altissimi prezzi dei libri, tasse sempre più alte e mancanza di trasporti e alloggi a prezzi popolari.                                  Questa demolizione del diritto allo studio viene portata avanti da più di vent’anni, tanto dai governi di centro-destra quanto da quelli di centro-sinistra. Siamo convinti che essa non sia da imputare ai “sacrifici che tutti dobbiamo compiere in questo periodo di crisi”, bensì ad una precisa volontà di escludere sempre più ampie fasce della popolazione dall’accesso ad una formazione universitaria. La necessità del mondo del lavoro, cui l’università si sottomette, è, infatti, quella di avere grandi masse di lavoratori scarsamente specializzati e facilmente sostituibili tra loro.
L’università, da quest’anno, ha introdotto la modalità di iscrizione “part-time” che, spacciata come aiuto per gli studenti-lavoratori, di fatto non è nient’altro che un modo per farti pagare di più, per più tempo, “giustificando” il drastico taglio alle borse di studio e agevolando solo l’università stessa, che in questo modo abbassa il numero di fuori corso, riceve finanziamenti e scala posizioni nei vari ranking internazionali.
In pratica l’invito per gli studenti meno abbienti è semplice: se vuoi studiare, lavora e paga, altrimenti arrangiati!
La nostra convinzione è, al contrario, che l’università debba essere gratuita e di massa, liberamente accessibile a tutti e crediamo che l’unica soluzione per contrastare questa così evidente selezione di classe all’interno del mondo universitario non possa essere che l’aumento delle borse di studio e la riduzione della prima rata.

Per tutto questo, come studenti e studenti-lavoratori, il 10 Ottobre saremo in piazza, contro l’università-azienda e lo smantellamento del diritto allo studio.

NO ALLO STUDENTE PART-TIME! MENO TASSE! PIU’ BORSE DI STUDIO!

ASSEMBLEA SCIENZE POLITICHE

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