MERCOLEDì 21/09 APERITIVO IN FACOLTA’

L’Università è:

  • lezioni frontali infarcite di sapere nozionistico senza possibilità di discussione
  • assenza di socialità mancanza di spazi dove studiare e sviluppare un pensiero critico
  • esami a ritmo frenetico, nel tentativo di conquistare sempre più “punti” (ad ogni esame corrispondono dei crediti) sempre più in fretta. 4003996797_77aa777a0c_m

Di fronte a queste contraddizioni organizzarsi è possibile. Per esempio fornire i libri di testo gratuiti e contribuire alla libera circolazione di questi materiali, per opporsi al caro-libri, occupare uno spazio lasciato in disuso dall’università e restituirlo a tutti gli studenti sono tutti esempi di passi concreti per opporsi allo smantellamento dell’università pubblica! Organizzarsi in una forza di opposizione alle politiche universitarie, da studente a studente, capace di analizzarne le contraddizioni e fornire risposte concrete e sapere critico, senza per questo appoggiarsi a liste o partiti, è il nostro obiettivo.

MERCOLEDÌ 21/09

Aperitivo in facoltà

DALLE H. 16.00

Organizziamo assieme un altro anno di lotta per riappropriarci di ciò che è nostro!

Assemblea Scienze Politiche

scienzepolitichemilano@inventati.org

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Benvenuti in Facoltà

L’università è davvero quel luogo idilliaco a cui tutti possono accedere e dove i bisogni e il futuro degli studenti sono al centro dell’interesse generale?

Non lo è mai stato e mai lo sarà in un sistema economico-sociale come quello attuale. L’Università, come qualsiasi Istituzione, è subordinata a quella logica capitalistica che la plasma, sia dal punto di vista formativo, che dal punto di vista dei servizi (non) offerti agli studenti.

Questa e molte altre sono le contraddizioni che viviamo e che vivrete nella nostra università: a partire da lezioni frontali infarcite di sapere nozionistico senza possibilità di discussione, passando dall’assenza di socialità, fino alla mancanza di spazi dove studiare e sviluppare un pensiero critico, seguiranno esami a ritmo frenetico, nel tentativo di conquistare sempre più “punti” (ad ogni esame corrispondono dei crediti) sempre più in fretta.

A ciò va aggiunto che da Settembre 2016 i corsi di MAP, LAM, SIE, SPO e GLO, sono diventati a numero chiuso mentre fino all’anno scorso, per poter accedere agli stessi corsi di laurea, era necessario superare una specie di test attitudinale, il “TEC”. Questo ci veniva spacciato come una valutazione delle competenze generali dello studente assimilate nella scuola superiore, necessaria ad individuarne le eventuali lacune e fare in modo di colmarle. In realtà la sua funzione non è mai stata questa, ma semplicemente è servito per spianare la strada ad un vero e proprio test d’ingresso selettivo.

Per di più, di anno in anno, si assiste ad una vera e propria selezione di classe; infatti invece di estendere il supporto a chi non può sostenere ritmi e costi, Università e Ministero tagliano sempre più borse di studio, assegnano sempre meno alloggi, smantellano le mense (con buona pace di coloro che ci lavoravano) e alzano contemporaneamente le tasse. Ecco che il diritto allo studio, lungi dall’essere un diritto, è diventato un servizio, per giunta scadente, e pagato a caro prezzo! Quindi coloro che dovranno lavorare per potersi permettere di studiare, coloro che abitano troppo lontano e, in generale, tutti quelli che partono da situazioni economiche svantaggiate, si troveranno in maggior difficoltà.

Questo è il risultato delle innumerevoli riforme dell’Istruzione: la creazione di un’Università che è diventata un “esamificio a punti” dove ciò che s’impara è finalizzato agli interessi di privati e aziende che dettano il percorso di apprendimento degli studenti; infatti, con la riforma Gelmini, si è assistito all’ingresso di enti privati nel Consiglio di Amministrazione dell’Università dal quale possono sia modificare i percorsi formativi dei corsi di laura, sia gestire facilmente le risorse dell’Università, in base ai loro interessi.

Tutto questo, unito al un paradigma formativo basato sulla “competizione ad ogni costo”, ben lungi dall’essere un evento casuale, è speculare e necessario al mercato del lavoro, in cui oggi e domani ci troveremo a (s)venderci.

Crediti formativi, ritmi di studio stringenti e test d’ingresso non sono altro che strumenti coi quali misurare la nostra performance scolastica che, per l’azienda che avrà in mano il nostro curriculum, equivale a “produttività”. Ma quand’anche seguissimo alla lettera tali dettami, il posto di lavoro a noi riservato sarebbe (e lo è già per tutti coloro che per poter studiare devono lavorare) precario e sottopagato, con gli stessi ritmi martellanti e la stessa competitività a cui cercano di farci abituare in Università.

 

Ma non tutto è perduto: di fronte a queste contraddizioni organizzarsi è possibile. Per esempio fornire i libri di testo gratuiti e contribuire alla libera circolazione di questi materiali, per opporsi al caro-libri, occupare uno spazio lasciato in disuso dall’università e restituirlo a tutti gli studenti sono tutti esempi di passi concreti per opporsi allo smantellamento dell’università pubblica! Organizzarsi in una forza di opposizione alle politiche universitarie, da studente a studente, capace di analizzarne le contraddizioni e fornire risposte concrete e sapere critico, senza per questo appoggiarsi a liste o partiti, è il nostro obiettivo.

 

Con questi ultimi presupposti vi auguriamo un buon inizio di “carriera universitaria”.

Assemblea Scienze Politiche

(L’assemblea si ritrova il martedì e il giovedì alle 14.00 presso lo Spazio Occupato al piano interrato)

scienzepolitichemilano@inventati.org

 

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VENERDÌ 18 MARZO: SCIOPERO GENERALE NAZIONALE

 

Con questo sciopero, indetto dai  sindacati di base CUB, SI Cobas e USI-AIT, si vogliono contrastare le politiche che, negli ultimi decenni, hanno liberalizzato i licenziamenti ingiustificati, individuali e di massa, reso precari tutti i contratti di lavoro esistenti ed hanno svuotato di efficacia tutte le conquiste ottenute attraverso le lotte, tra cui lo Statuto dei Lavoratori. Ma questo è anche uno sciopero che vorrebbe iniziare ad unificare tutte le lotte, diffuse ma frastagliate, di quei settori in cui si sta brutalmente sviluppando l’offensiva del capitale.

Per questo le parole d’ordine dello Sciopero partono con una netta opposizione alle guerre imperialiste, per terminare con un altrettanto forte rifiuto delle riforme del mondo della formazione.

Anche se  la giornata potrebbe sembrare un vasto contenitore di richieste completamente slegate tra loro, in realtà non è affatto così, anzi la vastità dei temi toccati dallo sciopero non è un caso. Tutti questi argomenti sono strettamente collegati tra loro da un filo conduttore ben preciso: le necessità del sistema economico capitalista.

Le guerre imperialiste imperversano in tutte quelle aree strategicamente rilevanti, sia per posizione geografica, sia abbondanza di materie prime (Medio-Oriente, Libia, Ucraina,…). Il conflitto avviene tra chi possiede questi beni e chi no. Lo scontro, prima ancora che militare, è economico finalizzato non solo al ripristino delle condizioni favorevoli per l’avvio di un nuovo periodo di crescita, ma anche per conservare e tutelare il modo di produzione capitalistico. Quindi, tutti i conflitto “micro”, apparentemente nazionali, in realtà hanno portata internazionale.

Le guerre, figlie della crisi, da un lato legittimano forme di neo-colonialismo, dall’altro la diffusione di lavoratori poveri, sottopagati, con diritti e forme di tutela evanescenti che andranno ad allargare quella fascia di persone senza occupazione, l’esercito industriale di riserva, che porterà ad un livellamento verso il basso su scala globale, delle condizioni del lavoro e dei salari. Si mira, perciò, alla creazione di un proletariato sempre più sfruttato.

 

Ed infatti mentre il governo italiano trova i soldi per entrare in guerra in Libia, precarietà, abbassamento dei salari, contratti sempre più scadenti sono temi all’ordine del giorno per noi lavoratori, o futuri tali, che ci siamo visti calare sulle nostre teste una riforma del lavoro come il Jobs Act. Quella che inizialmente ci veniva spacciata come manovra per ristabilirsi dalla crisi e diminuire il tasso di disoccupazione, si è rivelata una riforma che ha completamente abolito il potere contrattuale dei lavoratori che ad oggi si ritrovano ad essere sempre più sfruttati e sempre più precari.
Come studenti lavoratori e come futuri lavoratori (precari, alla luce di quanto detto) la questione non può non interessarci: siamo infatti consapevoli del ruolo che l’università riveste all’interno del sistema economico capitalista. Da una parte essa studia i metodi produttivi e di ricerca, palesandosi così come un luogo di divulgazione dell’ideologia dominante, perciò legittimando le logiche di sfruttamento del lavoro, che ci hanno resi sempre più poveri e precari; dall’altra addestra la futura forza lavoro in base alle esigenze produttive del capitalismo. Per questi motivi abbiamo sempre cercato di essere anche a fianco di chi  lotta e resiste sul proprio posto di lavoro.

Quindi tutte queste tematiche non sono affatto scollegate tra loro, bensì  sono  tutte facce del sistema economico capitalista: dire NO alla guerra, al Jobs Act, ad una qualsiasi riforma, significa opporsi al sistema economico vigente.“In un mondo sempre più globalizzato, con un mercato sempre più internazionale, quello che colpisce una parte della classe lavoratrice è questione di tutta la classe, indipendente dallo stato.”

Il 18 marzo noi ci saremo.


ORE 8.45 ci troviamo nel cortile di SCIENZE POLITICHE

ORE 9 30 LARGO CAIROLI.

Assemblea Scienze Politiche

L’Assemblea si trova ogni martedì e giovedì

alle h.14.30,  presso lo Spazio Occupato dell’Università, via Conservatorio n°7

scienzepolitichemilano@inventati.org

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Abitare è un diritto, la casa non è un servizio!

 

Ai movimenti di lotta lo Stato  continua a rispondere con la repressione

Giovedì 18 febbraio sono state eseguite 11 misure cautelari a carico di altrettanti militanti del collettivo “Lotta per la casa” di Padova. A questi la magistratura contesta il pesantissimo reato di “associazione a delinquere finalizzata alla commissione di occupazioni abusive di immobili”.
Di fatto, imputa agli attivisti di aver creato una rete organizzata e dedita ad attività puramente di tipo sociale e politico, come il contrasto degli sfratti.

Questa è una esplicita criminalizzazione delle lotte sociali e in particolare della battaglia in corso in tutta Italia contro la morosità incolpevole (cioè la situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento dell’affitto a causa della perdita, o consistente riduzione, della capacità reddituale del nucleo familiare).

La presente crisi economica che mette in ginocchio un numero sempre maggiore di famiglie, ha assunto oggi una dimensione di massa. Nella sola Milano avviene 1 sfratto ogni 337 famiglie, sono

15000 gli sfratti esecutivi, 23000 sono le famiglie in lista d’attesa per una casa popolare a fronte delle 10.000 vuote e riscaldate d’inverno.

La soluzione concreta per le famiglie in difficoltà è l’occupazione . Attraverso le parole d’ordine di mutuo soccorso e solidarietà attiva sono nati in tutte le città italiane comitati di Lotta per il diritto alla casa che si impegnano a dare una riposta concreta a questa emergenza, aiutando effettivamente a bloccare e posticipare gli sfratti ed occupando appartamenti lasciati vuoti da anni. Tali pratiche vogliono essere una lotta politica dal basso contro un sistema economico che, per garantire il “diritto” di banche e aziende di possedere decine di stabili sui quali lucrare, non si fa scrupoli a togliere anche la casa a famiglie spesso già poste in condizioni di disagio da questo stesso sistema.

Noi, come studenti, siamo tutt’altro che distanti dalla problematica abitativa . Infatti sono moltissimi gli studenti fuori-sede che si scontrano con affitti elevatissimi a cui si aggiunge un costante carovita. L’Università non da alcuna risposta, ma anzi la sua prima rata è tra le più alte d’Italia, le borse di studio vengono ogni anno ridotte e il numero degli alloggi assegnati agli studenti è irrisorio.

Proprio per questa serie di motivazioni sentiamo il bisogno di sostenere i già presenti movimenti di Lotta per il Diritto alla Casa esprimendo anche solidarietà per i compagni di Padova e di avviare un percorso tra gli studenti universitari per dare una risposta collettiva e concreta al problema degli alloggi.

DIFENDIAMO IL DIRITTO ALL’ABITARE!

PRETENDIAMO UNA CASA PER OGNUNO E ALLOGGI PER GLI STUDENTI!

Assemblea Scienze Politiche
(L’assemblea si ritrova il martedì e il giovedì alle 14.00 presso lo Spazio Occupato al piano interrato)
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SELEZIONE ALL’INGRESSO: DAL TEC AL NUMERO CHIUSO

Dall’anno accademico 2008/2009 a scienze politiche è presente il TEC (test delle conoscenze in ingresso), un test di valutazione delle competenza acquisite dallo studente alle scuole superiori. L’università si premura di rassicurarci: “Non si tratta di uno sbarramento, ma di un servizio offerto agli studenti per testare le loro capacità e attitudini”. Dall’anno 2015/2016 però la situazione cambia. L’ ”innocuo” test attitudinale acquista una forma più rigida e il suo superamento diventa vincolante per l’iscrizione al secondo anno. Ed oggi la grande rivelazione, pur senza annunci in pompa magna (e chissà come mai) la facoltà di scienze politiche ha deliberato l’introduzione del test d’ingresso a numero chiuso a partire dall’anno 2016/2017 per i corsi di GLO, SIE e SPO. E tanti saluti al test che “non è uno sbarramento” ma anzi “un servizio agli studenti”. E’ evidente innanzitutto che tale proposito era presente sin dall’introduzione del TEC, che è servito da cavallo di Troia per preparare il terreno a Scienze Politiche.
Il test d’ingresso rappresenta in prima istanza la “soluzione” dell’università al “sovraffollamento” degli studenti e ancor più nello specifico alla grande disparità tra numero di immatricolati e numero di laureati. Il dato oggettivo è infatti che il 50% degli immatricolati in statale non si laurea e abbandona gli studi. Tale dato costituisce motivo dei bacchettamenti che l’istruzione italiana in generale riceve dall’Unione Europea e soprattutto fa precipitare la Statale nelle classifiche dell’ANVUR, l’ente che stabilisce i requisiti in base ai quali stila la graduatoria per erogare fondi alle università: più soldi alle università di “serie A”, quelle in cima alla graduatoria, meno a quelle di “serie B”. Questi sono esattamente i motivi per cui il baronato di scienze politiche (la cricca di professori più influenti e meglio retribuiti), che si vede togliere i fondi, opta per il test d’ingresso. E’ evidente che il motivo che induce gran parte degli studenti ad abbandonare gli studi universitari non è la mancanza di impegno, ma gli ostacoli economici posti dal sistema dell’istruzione.
Oltre alle sempre più alte tasse d’iscrizione, gli studenti devono fronteggiare le spese per libri, trasporti, alloggi, mense, a fronte di un continuo taglio delle borse di studio (ridotte del 92,5% dal 2009). Invece di eliminare tali ostacoli strutturali, i professori di Scienze politiche preferiscono eliminare gli studenti restringendo le maglie d’accesso ai corsi di studio più frequentati. La giustificazione che viene addotta per l’ennesima volta è la meritocrazia. Ci dicono che “ci sono pochi fondi” e che a goderne devono essere solo “i migliori”, scremati in primis alle scuole superiori, in base alla fatidica scelta tra liceo e scuola professionale, poi definitivamente grazie ad un unico test di ingresso per valutare le conoscenze acquisite. La realtà è: eliminando un consistente numero di studenti, secondo i loro piani quelli più inclini ad abbandonare, i baroni si troveranno con più soldi da destinare ad un minor numero di studenti e che torneranno quindi in maggiore quantità nelle loro tasche. I soldi saranno quindi investiti sotto forma di fondi per le ricerche, di pubblicazioni e di stipendi miseri per assistenti e ricercatori sotto il loro controllo.

Riteniamo che l’introduzione del test d’ingresso a numero chiuso sia una limitazione nei confronti di tutti gli studenti e un attacco diretto a chi non ha i mezzi economici per mettere in campo una risposta adeguata. Si tratta insomma dell’ennesimo passo che va verso la direzione dell’eliminazione del diritto allo studio, per consacrare l’università ad un privilegio per pochi.

Assemblea Scienze Politiche
(L’assemblea si ritrova il martedì e il giovedì alle 14.00 presso lo Spazio Occupato al piano interrato)
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MEDIO-ORIENTE DI FUOCO:

SIRIA E PALESTINA NEL CONFLITTO MEDIORIENTALE,
UNA TESTIMONIANZA DAL CAMPO

Le “guerre moderne” ci vengono presentate come uno scontro tra fedi religiose e ideologiche, civiltà progredite contrapposte a quelle “arretrate”.
Per esempio l’Area Mediorientale, quella compresa tra il Mar Rosso e il Mar Arabico (passaggio obbligato per le rotte commerciali tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano), è da anni interessata da guerre tra fazioni più o meno differenti. Da una parte i “buoni difensori della democrazia”, Comunità Internazionale schierata con i paesi dell’Islam moderato, dall’altra “i cattivi” ossia l’Islam più “estremista” (Stato Islamico di Siria e Iraq o Califfato, Isis, IS, Daesh). Piuttosto che scontri interni, quindi non solo contro gli infedeli ma anche tra appartenenti della stessa religione ma di fede diversa (esempio sunniti vs sciiti). Se però si va a scavare sotto questa riduzione semplicistica dei conflitti, si può osservare come le motivazioni addotte per giustificarli siano in realtà mere costruzioni ideologiche per occultare le vere radici della guerra. Non è un caso che uno dei terreni di conflitto, l’Area Mediorientale, detenga i due terzi delle riserve di petrolio e un terzo di quelle gasiere, ma non solo: è l’area dove ogni giorno parte un quarto del greggio che va a rimpolpare i mercati mondiali.
Perciò ci sembra che la guerra sia uno degli elementi costitutivi del capitalismo, che non solo consente alle borghesie nazionali e non maggiori profitti, ma è anche un mezzo di autoconservazione del sistema di produzione capitalistico.
Di questo e altro discuteremo con Carlo Torrisi attraverso la sua esperienza diretta.

GIOVEDì 4 FEBBRAIO H. 14,30:
SPAZIO OCCUPATO DI SCIENZE POLITICHE,
VIA CONSERVATORIO 7

Assemblea Scienze Politiche
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NON VOGLIAMO STARE SULLA LUNA

RESTIAMO NELLO SPAZIO.

 

Ti è mai capitato di cercare un posto per studiare, in biblioteca o in aula studio, e non trovarlo?

Sei sempre riuscito a trovare un posto al bar per mangiare?

Hai mai provato a scambiare quattro chiacchiere coi tuoi compagni di corso, terminata la lezione, ma non sapere dove farlo (se non in cortile o al parchetto, d’inverno morendo di freddo)?

Raramente, infatti, si trovano posti per studiare, troppo pochi in proporzione al numero d’iscritti, e vale la logica del “chi prima arriva, meglio alloggia”; al bar, piuttosto che in mensa, vieni cacciato se mangi il “tuo” pranzo e, nelle aule, si può stare solo finché c’è lezione, al termine della quale vengono chiuse a chiave.

E’ evidente, quindi, che nell’Università Statale di Milano, e nello specifico nella nostra facoltà di Scienze Politiche, il numero dei luoghi a disposizione per noi studenti, sia volontariamente limitato.

L‘Università, perciò, risulta essere un mero esamificio, un luogo dove recarsi per “consumare lezioni”, cioè pillole di sapere nozionistico, totalmente acritiche, da imparare a memoria per superare i vari esami o, per meglio dire, accumulare crediti formativi (una sorta di moneta di scambio per “guadagnarci” la laurea). Un luogo dove si “consuma e produce sapere” funzionale ad essere “speso” nel mondo del lavoro.

L’Università, infatti, non è un’organizzazione a se stante, ma da una parte rispecchia le necessità del sistema produttivo (formando forza-lavoro qualificata in base alle necessità del capitale), dall’altra le legittima (ad esempio Ichino, che ha steso le linee guida del Jobs Act, insieme ad altri, è uno dei baroni di Scienze Politiche). Quindi noi studenti non siamo altro che forza- lavoro in formazione, con lo scopo d’immagazzinare ciò che è funzionale alle esigenze del mercato, senza mettere in discussione nulla, e tutto ciò dev’essere fatto stando al passo coi tempi e coi modi che l’Esamicio ci impone.

Se si è consapevoli di ciò, si capisce facilmente perchè all’università-azienda non interessa concedere la possibilità di momenti di confronto tra noi studenti, momenti in cui mettere anche in discussione non solo il perché, ma anche ciò che ci viene insegnato: non è “funzionale”. E’ funzionale che tutti immagazzinino ciò che serve, “mica che si perda tempo” a fare altro.

Ecco spiegato il motivo per cui, anche laddove spazi per noi studenti ci sarebbero, questi ci vengono negati. Si pensi alle aule che vengono chiuse tassativamente al termine delle lezioni; e, per restringere ulteriormente la possibilità di usufruirne, ecco che la richiesta per un’aula è estremamente complessa. Infatti se si è un qualsiasi studente e si vuole sottostare alle regole dell’Esamificio, per poter utilizzare un’aula terminata la lezione, bisogna fare richiesta formale al rettore, con un mese di anticipo, esplicitando dettagliatamente i motivi per cui si fa tale domanda, sperare in una risposta positiva e, a quel punto, raccogliere 30 firme di altri studenti presentandole con almeno due documenti d’identità.

E meno male che l’Università è degli studenti!

Di fronte a tutto ciò è evidente che una lotta contro l’università-azienda deve passare attraverso un’opposizione alla funzione che essa ricopre in questo sistema economico. Per fare ciò il modo più efficace è rispondere concretamente ai bisogni di noi studenti che di soldi per mangiare in piazza San Babila non ne abbiamo, che abitiamo lontano e se non troviamo posto per studiare in università ci dobbiamo fare ore di mezzi pubblici, che, dopo aver pagato la retta, ci “viene male” pensare che ci sono anche i libri.

E, tale lotta, può partire anche dalla semplice riappropriazione di uno spazio.

Infatti noi studenti crediamo che chiedere il permesso, per qualsiasi cosa, alle stesse istituzioni che ci privano di ciò che ci è necessario, non porti da nessuna parte, è come chiedere a chi sta rubando il pane, se puoi riaverlo. Certo, magari il pane te lo ridà, ma solo se fai quello che vuole.

 

Quindi pensiamo che l’occupazione non solo sia un metodo da condividere, ma anche da utilizzare.

Ecco perché due anni fa ci siamo riappropriati di un luogo in disuso (era una libreria fallita) e lo abbiamo reso disponibile a tutti gli studenti che hanno i nostri stessi bisogni. Un posto dove studiare, dove mangiare, dove confrontarsi, dove vengono portate avanti iniziative e dibattiti di vario genere, dove, da più di un anno, ci troviamo per fare assemblea. E, a questo punto, l’Università sembrerebbe disponibile “a darci il pane“; infatti c’è la possibilità di “normalizzare” lo spazio costituendoci come associazione/cooperativa ed esplicitando l’uso che abbiamo intenzione di farne. Visto che però il nostro non è un servizio, ma è una risposta dal basso ai nostri bisogni, basata sull’autorganizzazione, e visto che lo spazio è già nostro, di noi studenti, perché “accettare il pane” con la possibilità di essere non solo ricattati un domani, ma avere anche la consapevolezza che, scendendo a compromessi, la nostra lotta politica non potrà più andare avanti?!

A RICATTI E COMPROMESSI NOI NON CI STIAMO.

E’ indispensabile continuare a lottare: per riprenderci ciò che è nostro, contro la mercificazione dell’università e per un sapere critico.

Fino a che i motivi che ci hanno spinto a lottare permangono, ribellarci sarà sempre giusto.

Assemblea ★ Scienze Politiche

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Comunicato in solidarietà agli studenti de “La Sapienza”:

Dal 16 al 18 Ottobre, l’Università “La Sapienza” si è trasformata in una fiera-vetrina, la “Maker Faire”, provocando la sospensione delle attività didattiche e di segreteria previste in quei giorni, permettendo alle aziende di usare tali spazi per promuovere le loro politiche di sfruttamento e ricerca del profitto.

Un nutrito gruppo di studenti universitari si è ritrovato in presidio nei pressi del cortile antistante l’ingresso per:

-denunciare la svendita dell’università ai privati, con un processo di aziendalizzazione che si fa perciò ancora più palese: noi studenti siamo un bacino di forza lavoro gratuita alla mercè delle aziende grazie a stage e tirocini; il CdA delle università è costituito da privati, che quindi intervengono direttamente sulla gestione dei fondi pubblici in base alle loro esigenze. Ed oggi si è arrivati al punto in cui l’università viene chiusa e adibita a fiera-vetrina per aziende. Oltre al danno la beffa, infatti l’ingresso agli spazi universitari prevedeva il pagamento del biglietto, anche per gli stessi studenti.

-opporsi all’impiego di fondi universitari per l’organizzazione di una fiera privata, piuttosto che migliorare le condizioni del diritto allo studio

La risposta che gli studenti hanno avuto è stata la repressione: cariche e manganellate da parte della polizia, con correlato fermo di 4 studenti e il ferimento di altri 10.

Queste “risposte” rendono evidente la volontà di reprimere ogni tentativo di opposizione ad un modello universitario che promuove l’aziendalizzazione e lo sfruttamento del sapere e degli studenti, utilizzati come forza-lavoro gratuita per le stesse aziende.

Anche noi, come gli studenti de La Sapienza, rivendichiamo il fatto che l’università NON è di chi la utilizza per ricavare mero profitto. Lottiamo infatti per un’università che sia accessibile a tutti indipendentemente dal reddito e sia luogo di discussione e confronto critico sulle contraddizioni che ci circondano.

Assemblea Scienze Politiche

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QUESTA E’ LA LORO BUONA UNIVERSITA’?

Il Ministero dell’Istruzione ha dichiarato che da Settembre 2015 è stato avviato un tavolo di discussione per stendere le linee guida di quella che sarà la prossima riforma universitaria: “La Buona Università”.

Ovviamente non sono ancora stati resi noti nello specifico i cambiamenti che tale riforma introdurrà. Tuttavia, analizzando le radici di questa, insieme alle dichiarazioni del sottosegretario all’istruzione, possiamo dedurne il disegno generale.

Le motivazioni che hanno spinto i vari governi ad attuare riforme su riforme, in qualsiasi ambito, sono sempre state di tipo economico. Bisogna tenere presente che il sistema capitalista sta vivendo da molti anni un’importante fase di ristrutturazione economica, acuitasi poi con la crisi del 2008. Ristrutturazione economica che passa attraverso imponenti politiche di austerity, presentate come “sacrifici”, che fanno ricadere il costo della crisi sulle classi sociali più deboli, tramite tagli allo stato sociale, ristrutturazione del mondo del lavoro e, non ultimo, anche del sistema universitario.

La Buona Università trae la sua origine dal cosiddetto “processo di Bologna”: un accordo siglato nel 1999 dall’Italia e da altri stati, per uniformare e standardizzare il mondo della formazione a livello europeo. Con esso vengono stabiliti gli “standard europei” inerenti alla formazione universitaria. Da quel momento l’Italia inizia a far fronte agli impegni presi,varando una serie di riforme, tra cui, le più significative sono state prima la riforma Moratti (2003) e poi la riforma Gelmini (2008).

Caratteristica comune a tutte le riforme, è la progressiva aziendalizzazione dell’università. Viene istituito in tutti gli Atenei il Consiglio di Amministrazione (ossia, come in ogni azienda, l’organo che gestisce i fondi decidendo come e dove investirli) nel quale i Privati che vi partecipano ne influenzano il processo decisionale; senza andare lontano nel CdA della nostra università sono presenti rappresentanti di Banca Intesa. I parametri per l’assegnazione di borse di studio cambiano poiché il reddito viene sostituito dal merito, andando a favorire una minoranza di studenti “produttivi e meritevoli”, e riducendo la possibilità alle fasce meno abbienti di intramprendere gli studi universitari. Viene introdotto il sistema 3+2, che comporta due cicli di formazione omologati agli standard europei, uno di conoscenze di base e l’altro più specializzato, che risultano essere più spendibili sul mondo del lavoro. Attraverso l’istituzione dei crediti, cioè una quantificazione della conoscenza nozionistica acquisita durante i corsi, vengono privilegiate determinate aree del sapere, che corrispondono a quelle maggiormente richieste dalle aziende. Vengono introdotti, e nel tempo intensificati, tirocini e stage non retribuiti, che, sotto l’illusione di un surplus formativo, garantiscono, in realtà, manodopera gratuita alle imprese e preparano gli studenti alle necessità del mercato del lavoro: flessibilità e precarietà.

Adesso ci troviamo di fronte all’ennesima riforma universitaria che, sulla scia delle precedenti, andrà a modificare il mondo della formazione peggiorandolo. Stando alle affermazioni di Faraone, sottosegretario all’Istruzione, c’è una volontà esplicita di potenziare “l’orientamento in entrata e il tutoraggio in itinere” perchè “troppi immatricolati non si laureano”, tutto questo affiancato dall’impegno nel potenziare il sistema ITS, ossia degli Istituiti Tecnici.

Tale scelta risponde precisamente alle esigenze del mondo del lavoro: dati i cambiamenti strutturali del sistema economico che determinano una sempre maggiore automatizzazione del sistema produttivo, aggravati dall’attuale periodo di crisi, diminuisce la necessità di forza lavoro altamente qualificata

Perciò, il modo più semplice per rispondere a questa necessità è incidere direttamente nel luogo dove la forza-lavoro in formazione acquisisce quelle conoscenze specializzate, di cui il sistema lavorativo è attualmente saturo. Così, con la scusa di ridurre il numero di coloro che s’iscrivono all’università senza poi laurearsi, si riduce il numero degli immatricolati.

Come?
Da una parte, anche se non è ancora chiaro come avverrà, potenziando il sistema ITS, così quegli studenti che hanno necessità di lavorare per vivere, a cui magari non dispiacerebbe, però, continuare anche a studiare, acquisiranno una
formazione immediatamente spendibile sul mondo del lavoro, non andando quindi ad “intasare”, secondo le logiche del ministero, il sistema universitario; dall’altra introducendo “sistemi di monitoraggio e tutoraggio”. Sapendo che il modello universitario da ricalcare è quello europeo, non è difficile intuire in cosa potrebbero consistere i “sistemi di tutoraggio in itinere” anticipati da Faraone. Infatti, è probabile che se lo studente non darà un determinato numero di esami, in un determinato periodo di tempo, sarà costretto ad abbandonare gli studi, come accade già in altre parti d’Europa. Il problema è che non si tiene conto della discriminante di reddito: tanti studenti sono costretti a lavorare per mantenersi durante gli studi compromettendo il proprio rendimento universitario. E’ giusto penalizzarli? L’università non dovrebbe garantire il diritto allo studio proprio a chi è in difficoltà?

Per quanto riguarda il monitoraggio all’ingresso, non è fuori luogo pensare che i test d’ingresso, o similari, vengano estesi a tutti gli indirizzi. Senza andare lontano basti pensare cos’è accaduto nella nostra facoltà. Essa ha anticipato con il TEC le ipotetiche mosse a livello nazionale. Il TEC, da quest’anno, si trasforma in un vero e proprio test d’ingresso camuffato; prima di tutto si risulta immatricolati solo dopo averlo svolto, in più bisogna pagare 30 euro per poterlo sostenere nelle tre sessioni stabilite dall’istituto, infine, se non si supera bisogna frequentare dei “corsi di supporto”, al termine dei quali vi è un’altra prova selettiva. Solo superando quest’ultima si potrà risultare immatricolati e ci si potrà iscrivere al secondo anno, altrimenti: tanti saluti e arrivederci.

Ma non è finita qui. Molto probabilmente si andrà a modificare nuovamente il Diritto allo Studio, non si sa come di preciso, ma sicuramente al ribasso, viste le premesse. Faraone, infatti, dichiara: “Cambierà anche il sistema del diritto allo studio [..] così com’è funziona poco e male. La soluzione potrebbe invece essere la gestione a livello nazionale di questo settore.” Cosa significa? Vuol dire che, presumibilmente, la gestione delle borse di studio sarebbe relegata solo a livello nazionale, eliminando perciò le borse d’ateneo e i consorzi interuniversitari per il diritto allo studio. Tale mossa fa pensare che si assisterà ad una diminuzione di queste, limitando ulteriormente l’accesso all’università a tutti coloro che non se lo possono permettere economicamente.

Siamo quindi noi, studenti proletari, ad essere i principali obbiettivi di tale imminente riforma. Ma non dobbiamo restare a guardare, dobbiamo reagire per difendere e riprenderci ciò che ci viene costantemente tolto. Infatti, se il diritto allo studio verrà trattato solo a livello nazionale, saremo più forti e numerosi di prima, perché a combattere per i nostri diritti saremo tutti noi studenti, uniti in un’unica lotta.

Perciò non restiamo a guardare e prepariamoci ad affrontare questa fase, rilanciando l’unità degli studenti nella difesa dei nostri diritti.


L’Assemblea di Scienze Politiche si trova tutti i Martedì e Giovedì
alle h.14.30
presso lo “Spazio Occupato” di Scienze Politiche al piano interrato.

Assemblea Scienze Politiche
scienzepolitichemilano@inventati.org

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BENVENUTI IN FACOLTA’!

L’Università: “il luogo idilliaco dove specializzare la propria conoscenza seguendo le proprie inclinazioni”, per arrivare ad una formazione completa ed efficace nel proprio corso di studi, grazie al quale accedere ad un lavoro che dia al contempo soddisfazione e buon reddito.

Questo pensiamo ed è ciò che ci viene detto al momento del nostro ingresso nel mondo universitario. Ma una volta varcata la soglia ed ottenuta una matricola, ci si scontra con una realtà di disservizi nonostante tasse universitarie ogni anno più alte.

E l’università, di concerto con il ministero dell’istruzione, cosa fa? Invece di estendere il supporto a chi non può sostenere ritmi e costi, taglia ogni anno sempre più borse di studio, assegna sempre meno alloggi, smantella le mense (con buona pace di coloro che ci lavoravano) e alza, come già detto, le tasse. Allora il diritto allo studio non è più un diritto, ma un servizio (per giunta scadente) e pagato a caro prezzo!

I futuri studenti provenienti dalle fasce meno abbienti saranno inoltre costretti, per permettersi il “bene di lusso” dell’istruzione universitaria e un posto letto in città, ad accettare lavori precari e sottopagati. Diventa chiaro che chi dovrà lavorare per pagarsi gli studi, insieme a chi abita troppo lontano, si troverà sempre in maggiore difficoltà.

Quando le condizioni economiche di partenza creano un limite allo studente e l’istituzione invece di farsene carico le inasprisce, siamo di fronte ad una selezione di classe bella e buona. Con “selezione di classe” intendiamo la volontà politica di escludere sempre più dall’istruzione universitaria i giovani privi di reddito sufficientemente alto.

Ma non finisce qui: assisterete anche a lezioni frontali infarcite di sapere puramente nozionistico senza possibilità di discussione, ben lungi dal fornire un sapere critico ed un valore aggiunto allo studente e alla ricerca. Proprio nella nostra facoltà, la maggior parte dei corsi legittimano e propagandano le stesse politiche che hanno portato alla demolizione progressiva di tutti i diritti conquistati negli anni dai lavoratori: l’apologia della flessibilità (eufemismo per intendere “precarietà”) e del sindacalismo non conflittuale (che ha creato più danni ai lavoratori dei padroni stessi). Infine, seguiranno esami a ritmo frenetico, nel tentativo di conquistare sempre più punti (ad ogni esami corrispondono dei crediti) sempre più in fretta.

Questo paradigma di “competizione ad ogni costo” sulle nostre spalle, lungi dall’essere un evento casuale, è invece speculare e necessario al mercato del lavoro in cui dovremo venderci come forza-lavoro. Crediti formativi e ritmi di studio non sono altro che strumenti con i quali misurare la nostra “performance scolastica” che per l’azienda che avrà in mano il nostro curriculum equivale a “produttività”.

Un’università che, non trovando più posto nel mondo per lavoratori qualificati, crea forza lavoro flessibile e sostituibile: ci stanno formando solo per essere lavoratori “usa e getta” pronti a sopportare ogni genere di sopruso nel nome del profitto aziendale.

Ma non tutto è perduto: di fronte a tutte queste contraddizioni, organizzarsi è possibile. Fornire, per esempio, i testi scolastici in pdf gratuitamente e contribuire alla circolazione libera di questi materiali può essere un passo concreto per opporsi al caro-libri e alla logica per la quale ogni anno si è costretti ad acquistarne di nuovi. Occupare uno spazio lasciato in disuso dall’università e restituirlo a tutti gli studenti è stato un passo altrettanto concreto per opporsi allo smantellamento dell’università pubblica!

Organizzarsi in una forza di opposizione alle politiche universitarie, da studente a studente, capace di analizzarne le contraddizioni e fornire risposte concrete e sapere critico, senza per questo appoggiarsi a liste o partiti, è il nostro obiettivo.

L’Assemblea si ritrova ogni lunedì e giovedì alle 14 presso lo Spazio Occupato al piano interrato, e ci vedremo presto in cortile.

Assemblea Studenti Scienze Politiche
scienzepolitichemilano@inventati.org

 

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