NON VOGLIAMO STARE SULLA LUNA

RESTIAMO NELLO SPAZIO.

 

Ti è mai capitato di cercare un posto per studiare, in biblioteca o in aula studio, e non trovarlo?

Sei sempre riuscito a trovare un posto al bar per mangiare?

Hai mai provato a scambiare quattro chiacchiere coi tuoi compagni di corso, terminata la lezione, ma non sapere dove farlo (se non in cortile o al parchetto, d’inverno morendo di freddo)?

Raramente, infatti, si trovano posti per studiare, troppo pochi in proporzione al numero d’iscritti, e vale la logica del “chi prima arriva, meglio alloggia”; al bar, piuttosto che in mensa, vieni cacciato se mangi il “tuo” pranzo e, nelle aule, si può stare solo finché c’è lezione, al termine della quale vengono chiuse a chiave.

E’ evidente, quindi, che nell’Università Statale di Milano, e nello specifico nella nostra facoltà di Scienze Politiche, il numero dei luoghi a disposizione per noi studenti, sia volontariamente limitato.

L‘Università, perciò, risulta essere un mero esamificio, un luogo dove recarsi per “consumare lezioni”, cioè pillole di sapere nozionistico, totalmente acritiche, da imparare a memoria per superare i vari esami o, per meglio dire, accumulare crediti formativi (una sorta di moneta di scambio per “guadagnarci” la laurea). Un luogo dove si “consuma e produce sapere” funzionale ad essere “speso” nel mondo del lavoro.

L’Università, infatti, non è un’organizzazione a se stante, ma da una parte rispecchia le necessità del sistema produttivo (formando forza-lavoro qualificata in base alle necessità del capitale), dall’altra le legittima (ad esempio Ichino, che ha steso le linee guida del Jobs Act, insieme ad altri, è uno dei baroni di Scienze Politiche). Quindi noi studenti non siamo altro che forza- lavoro in formazione, con lo scopo d’immagazzinare ciò che è funzionale alle esigenze del mercato, senza mettere in discussione nulla, e tutto ciò dev’essere fatto stando al passo coi tempi e coi modi che l’Esamicio ci impone.

Se si è consapevoli di ciò, si capisce facilmente perchè all’università-azienda non interessa concedere la possibilità di momenti di confronto tra noi studenti, momenti in cui mettere anche in discussione non solo il perché, ma anche ciò che ci viene insegnato: non è “funzionale”. E’ funzionale che tutti immagazzinino ciò che serve, “mica che si perda tempo” a fare altro.

Ecco spiegato il motivo per cui, anche laddove spazi per noi studenti ci sarebbero, questi ci vengono negati. Si pensi alle aule che vengono chiuse tassativamente al termine delle lezioni; e, per restringere ulteriormente la possibilità di usufruirne, ecco che la richiesta per un’aula è estremamente complessa. Infatti se si è un qualsiasi studente e si vuole sottostare alle regole dell’Esamificio, per poter utilizzare un’aula terminata la lezione, bisogna fare richiesta formale al rettore, con un mese di anticipo, esplicitando dettagliatamente i motivi per cui si fa tale domanda, sperare in una risposta positiva e, a quel punto, raccogliere 30 firme di altri studenti presentandole con almeno due documenti d’identità.

E meno male che l’Università è degli studenti!

Di fronte a tutto ciò è evidente che una lotta contro l’università-azienda deve passare attraverso un’opposizione alla funzione che essa ricopre in questo sistema economico. Per fare ciò il modo più efficace è rispondere concretamente ai bisogni di noi studenti che di soldi per mangiare in piazza San Babila non ne abbiamo, che abitiamo lontano e se non troviamo posto per studiare in università ci dobbiamo fare ore di mezzi pubblici, che, dopo aver pagato la retta, ci “viene male” pensare che ci sono anche i libri.

E, tale lotta, può partire anche dalla semplice riappropriazione di uno spazio.

Infatti noi studenti crediamo che chiedere il permesso, per qualsiasi cosa, alle stesse istituzioni che ci privano di ciò che ci è necessario, non porti da nessuna parte, è come chiedere a chi sta rubando il pane, se puoi riaverlo. Certo, magari il pane te lo ridà, ma solo se fai quello che vuole.

 

Quindi pensiamo che l’occupazione non solo sia un metodo da condividere, ma anche da utilizzare.

Ecco perché due anni fa ci siamo riappropriati di un luogo in disuso (era una libreria fallita) e lo abbiamo reso disponibile a tutti gli studenti che hanno i nostri stessi bisogni. Un posto dove studiare, dove mangiare, dove confrontarsi, dove vengono portate avanti iniziative e dibattiti di vario genere, dove, da più di un anno, ci troviamo per fare assemblea. E, a questo punto, l’Università sembrerebbe disponibile “a darci il pane“; infatti c’è la possibilità di “normalizzare” lo spazio costituendoci come associazione/cooperativa ed esplicitando l’uso che abbiamo intenzione di farne. Visto che però il nostro non è un servizio, ma è una risposta dal basso ai nostri bisogni, basata sull’autorganizzazione, e visto che lo spazio è già nostro, di noi studenti, perché “accettare il pane” con la possibilità di essere non solo ricattati un domani, ma avere anche la consapevolezza che, scendendo a compromessi, la nostra lotta politica non potrà più andare avanti?!

A RICATTI E COMPROMESSI NOI NON CI STIAMO.

E’ indispensabile continuare a lottare: per riprenderci ciò che è nostro, contro la mercificazione dell’università e per un sapere critico.

Fino a che i motivi che ci hanno spinto a lottare permangono, ribellarci sarà sempre giusto.

Assemblea ★ Scienze Politiche

scienzepolitichemilano@inventati.org

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