“Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo costringono.”

1396500_10202210387685592_1512265685_nIl 19 ottobre a Roma sono scese in piazza 70.000 persone per opporsi alle manovre di austerity imposte da governi e padroni, come unica via da perseguire di fronte alla crisi.
Una mobilitazione che, unitamente alle pratiche conflittuali che si sono sviluppate coscientemente al suo interno, ci dimostra quanto ampie siano le contraddizioni sociali e, soprattutto, quanta poca fiducia si riponga nelle “ricette” dei governi e nelle istanze dei partiti. Una partecipazione che ha stupito anche gli organizzatori stessi, sia per il numero, che per la composizione reale del corteo: migliaia di famiglie, migranti, studenti, lavoratori e disoccupati, che quel giorno si sono riappropriati delle strade e degli spazi della città, ribadendo l’importanza di portare in piazza in modo compatto le lotte che ogni realtà affronta quotidianamente sul territorio.
Noi, come studenti, siamo scesi in piazza per rilanciare le lotte all’interno dell’università, dove è forte l’esigenza di riprenderci ciò che con le riforme degli ultimi anni ci stanno togliendo e di opporsi al processo di aziendalizzazione e allo smantellamento del diritto allo studio.
I rappresentanti della classe dirigente ogni giorno parlano di “democrazia”, un sistema democratico dove però non c’è nemmeno concessa la possibilità di prendere parola, dove decidono arbitrariamente, ad esempio, di tagliare i fondi per l’istruzione per poi investire milioni nelle grandi opere come la TAV, oppure dove fanno passare i tagli alla sanità come strettamente necessari per poi destinare spropositate somme alle spese militari. Nessuno interpella i migranti che chiedono condizioni di vita meno disumane. Nessuno interpella i lavoratori quando nei salotti blindati dei padroni si decidono politiche di sfruttamento e precarizzazione che attaccano materialmente le condizioni di esistenza nostre, delle nostre famiglie, della nostra classe sociale.

Eppure ci si scandalizza se questi settori sociali pretendono legittimamente di interferire con le strutture che decretano tutto ciò, nell’unico modo realmente disponibile.

Secondo noi a questa “democrazia” non si può soggiacere accettando di buon grado le decisioni e le opinioni di quei signori la cui legalità divora le nostre vite e il nostro futuro, giorno dopo giorno, manovra politica dopo manovra politica. Davanti a questa Violenza non si può chinar la testa, davanti a questa Violenza è doveroso reagire in ogni modo e con ogni mezzo. Mentre secondo i giornali i violenti sono coloro che portano avanti determinate pratiche considerate “violente”, contro chi ci priva di tutto ciò che ci spetta, e attraverso manovre economiche e riforme, ci “taglia le gambe“. La vera violenza è precarietà, guerra e sfruttamento, ovvero i dettami principali dei governi di una “democrazia” blindata ed escludente.

Per tutta la settimana a Roma si sono susseguiti atti intimidatori nei confronti di possibili partecipanti al corteo, fino ad arrivare alla data del 19 Ottobre dove 16 sono stati i fermi, di cui 6 convalidati, con l’accusa di resistenza pluriaggravata e che verranno processati per direttissima in questi giorni. Ancora una volta la risposta che questo sistema sa dare è una sola: repressione.

Non ci resta che continuare la lotta contro l’aziendalizzazione dell’università e la precarietà sui luoghi di lavoro, consci che sia la miglior arma per rispondere alla repressione e per dimostrare la solidarietà a coloro che sono stati arrestati.

Solidarietà agli arrestati il 19 ottobre.

Celeste, Sara, Rafael, Raffaele, Giovanni e Massimo liberi.

Libertà per tutti gli arrestati!

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