8 MARZO: GIORNATA DI LOTTA

CatturaLa prima Giornata della Donna si tenne il 28 febbraio 1909 con una manifestazione in favore al diritto di voto femminile. Qualche anno dopo, con un imponente sciopero di più di 20.000 camiciaie newyorkesi, a questa rivendicazione si affiancarono anche richieste politiche e sindacali. Fu però nel 1921, con la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, che si fissò la data dell’8 marzo come Giornata Internazionale della Donna. In Italia la Giornata Internazionale della Donna fu tenuta per la prima volta solo nel 1922 per iniziativa del Partito Comunista Italiano. Dagli anni ’70 i contenuti di questa giornata si espansero anche alla sfera sociale, andando a toccare tematiche ritenute “scandalose” come quelle dell’aborto, del divorzio e della sessualità. Fu nel 1977 che la giornata dell’8 marzo assunse un carattere istituzionale e globale, con la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che la proclama “Giornata per i diritti della Donna e la pace internazionale”.

Riteniamo però che oggi il filo conduttore che nel passato ha legato questa giornata di lotta si sia perduto, o meglio sia stato volutamente strappato dalle mani delle donne, per essere sostituito con un’innocua festa commerciale e priva di contenuti, portando così le donne delle piazze alle discoteche.

Questo in parte perché le conquiste ottenute negli anni’70 hanno “accontentato” il movimento e in qualche modo hanno fatto credere alle donne che leggi, come quella sull’aborto o sul divorzio, portassero ad un’emancipazione ed a una parità reale quando invece, ancora oggi, le discriminazioni sociali colpiscono, anche nei paesi cosiddetti “sviluppati”.

Dai colloqui che per le aspiranti lavoratrici contengono molte domande sulla loro vita privata, ai ricatti in caso di maternità o di richieste di flessibilità oraria, per non parlare del fatto che, a parità di posizione lavorativa, il lavoro delle donne è retribuito circa il 20% in meno. Fino ad arrivare alla visione androcentrica della sessualità per quale la donna è considerata solo un oggetto a servizio del piacere maschile, le vie delle nostre città infatti pullulano di pubblicità di ogni tipo con donne seminude.

Esistono molteplici teorie sull’origine delle discriminazioni della donna. Alcune di queste hanno portato una parte del movimento ad una svolta teorica perché influenzate dal mito che la donna è sempre stata oppressa per via delle differenze sessuali biologiche tra il sesso maschile e quello femminile, arrivando all’errata conclusione che non sia il sistema capitalista bensì l’uomo ad essere il nemico principale della donna.

In realtà le cause sono esclusivamente storiche e sociali, le donne infatti non sono sempre state il “secondo sesso”. La subordinazione della donna non si deve a nessuna differenza biologica, ma alla sostituzione nella storia della società matriarcale con una società classista e le sue istituzioni: la famiglia patriarcale, la proprietà privata e lo stato. La sconfitta delle donne coincise con la dominazione dei padroni sulla massa dei lavoratori.

La lotta anti-sessista deve quindi andare di pari passo con la lotta anti-capitalista, in quanto due facce della stessa medaglia: la lotta di classe. Ecco perché l’8 marzo deve essere un giorno di lotta. Non si sta di certo parlando di giornate come quelle indette dal movimento “se non ora quando?” che hanno come fine quello di dividere le donne buone dalle “buone donne”, senza porre in discussione il sistema che costringe alcune ragazze a scelte moralmente discutibili. Parliamo invece della lotta genuina delle Valsusine che con ogni mezzo difendono la propria terra, delle operaie degli stabilimenti Omsa che lottano per il proprio posto di lavoro, delle donne che reagiscono alle violenze fisiche e non e infine della lotta quotidiana di tutte le donne che si dividono tra famiglia e lavoro nonostante i pregiudizi e le difficoltà imposte dal sistema.

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