Si apre la Santa Inquisizione a Scienze Politiche. Smantellano l’università e processano chi protesta

Da anni esiste un problema di spazi all’interno della facoltà di scienze politiche.
Lo sanno gli studenti che ogni mattina devono vagare a lungo in cerca di un posto al caldo per studiare; lo sanno gli studenti che sono costretti a seguire le lezioni seduti per terra, e quelli che vorrebbero svolgere o auto-organizzare attività alternative alla didattica imposta dai baroni, sia nella forma che nei contenuti. Un problema dunque non solo politico ma anche strutturale della gestione degli spazi all’interno della facoltà.

Fino al 2002 esisteva un’auletta autogestita dagli studenti nonostante la facoltà fosse più piccola: il preside di allora riuscì a sgomberarla con il pretesto della ristrutturazione della facoltà. Nel 2007 l’Assemblea di Scienze Politiche si riappropriò di uno spazio vuoto e fino ad allora inutilizzato, ma il preside furbescamente affrettò i lavori per allargare il polo di calcolo e trasformare questo luogo nell’attuale polo sotterraneo. Lo stesso giardino che oggi è frequentato liberamente è stato riaperto grazie ad una lotta sostenuta dall’Assemblea per poterlo utilizzare. Infine qualche settimana fa è stato occupata al dipartimento di Storia, in via Livorno 1, un’aula utilizzata solamente una volta alla settimana per i ricevimenti dei professori di lingue. Come nel passato, anche stavolta gli studenti si sono posti come obiettivo quello di creare un luogo autogestito con iniziative culturali, cineforum, o semplicemente un luogo dove discutere e confrontarsi sulle questioni varie in maniera critica. L’occupazione è nata, infatti, in relazione allo sciopero del 28 gennaio lanciato dalla FIOM, per promuovere la partecipazione studentesca a quella giornata.

Di fronte a questa soluzione trovata dagli studenti il preside non si è limitato, come le precedenti volte, a chiudere fisicamente gli spazi occupati con grate o cancellate di ferro, ma da vero sceriffo ha deciso di ricorrere prima alla DIGOS, che ha sgomberato l’aula 3 volte, identificando e denunciando alcuni dei presenti, poi di utilizzare lo strumento delle sanzioni disciplinari.

Durante l’ultimo senato accademico, svoltosi il 15 febbraio, è stata istituita una commissione disciplinare per valutare quanto accaduto a Scienze Politiche. La commissione riporterà il verdetto in senato accademico che a sua volta deciderà le sanzioni da emettere¹.

Perché il preside ha deciso di ricorrere all’inquisizione? La motivazione è politica. L’intento è quello di colpire gli studenti che nei precedenti anni, durante l’onda contro la riforma “Gelmini” e durante le ultime mobilitazioni, hanno tenuto vive le lotte all’interno della facoltà. Non viene quindi recriminato soltanto l’atto in sé dell’occupazione di un’aula ma un intero modus operandi che va dalla contestazione di momenti come il carrier day (presentazione delle aziende in facoltà) o l’open day (presentazione tanto idilliaca quanto falsa della facoltà ai futuri studenti), al sostegno delle mobilitazioni esterne di lavoratori e immigrati, alla proposta di una socialità diversa attraverso le aperture serali -e notturne-  della facoltà.
Nulla di nuovo: ricordiamo come subito dopo l’onda una semplice partita di calcio all’interno del cortile della statale (la thecleva’s cup) sia stata trasformata in un pretesto per colpire attraverso le sanzioni quegli studenti che avevano partecipato alla mobilitazione dell’autunno appena passato.
Non è un caso: proprio nei momenti in cui le situazioni di lotta si moltiplicano all’interno delle  università, la santa alleanza tra potere baronale e potere politico si salda per spegnere il prima possibile queste situazioni che potenzialmente potrebbero radicarsi. Infatti, dopo l’onda del 2008, il ministro dell’Interno Maroni propose di modificare gli statuti delle facoltà per inasprire le sanzioni disciplinari a carico degli studenti in mobilitazione, incentivando i rettori ad utilizzare questo strumento fino ad allora quasi mai adoperato. Per lo stesso motivo gli spazi recentemente conquistati in varie facoltà italiane (Napoli, Firenze, Milano, Pavia) sono stati sgomberati.

Chiaramente, come nella realtà esterna, anche nell’università valgono le stesse logiche repressive: ad essere colpite sono sempre quelle realtà difficilmente controllabili perché, evitando ogni logica di rappresentanza all’interno delle varie istituzioni, rifiutano qualsiasi compromesso o concertazione. Sono quindi queste realtà ad essere un reale problema per gli interessi di baroni e Confindustria. In quest’ottica non ci stupisce che il preside legittimi solo gli studenti che si prestano al gioco delle parti in cambio di piccoli tornaconti personali, finendo per diventare perfetti burattini nelle mani di un apprendista burattinaio. L’unico comportamento che il preside accetta all’interno del suo feudo-facoltà è quello che costantemente si uniforma alle sue regole e sottostà alle sue decisioni.

Nonostante le possibili sanzioni disciplinari e gli ultimi sgomberi il problema degli spazi persiste: gli studenti non hanno luoghi dove studiare o mangiare e le aule rimangono ancora stracolme di persone. Per questo riteniamo legittimo continuare con questa lotta che rappresenta la soluzione ad un problema reale e diffuso all’interno della facoltà. Il problema è politico e quindi la risposta deve essere politica dal momento che quando le aziende chiedono spazi all’interno della facoltà il preside stende il tappeto rosso, mentre agli studenti  risponde solo con la repressione.

Note

¹In che cosa consistono e cosa comportano le sanzioni disciplinari? Secondo l’articolo 52 del regolamento dell’università esse sono “Infrazioni e comportamenti in grave contrasto con le disposizioni di cui sopra danno luogo a sanzioni disciplinari, graduate in relazione alla gravità dei fatti accertati, e cosi determinate: 1) ammonizione scritta da parte dell’autorità accademica competente (Preside di Facoltà o Rettore); 2) sospensione temporanea, di durata fino a sei mesi, dall’accesso a biblioteche, sale di studio o altri spazi di servizio dove si sia verificata l’infrazione, comminata dal Rettore; 3) sospensione temporanea dalla fruizione dell’attività didattica, di durata fino a sei mesi, estensibile ad un anno per i fatti che rivestano una particolare gravità, con conseguente perdita della frequenza ai corsi, ove richiesta, e esclusione dalle sessioni d’esame, comminata dal Rettore.”

Questa voce è stata pubblicata in Notizie Università. Contrassegna il permalink.