In che modo l’università fa pagare agli studenti il taglio dei fondi?

In un
recente articolo il nostro preside giustifica come legittimo l’aumento delle
tasse universitarie: il problema dell’università sarebbe stato il numero
crescente di iscritti. Da più parti ci dicono che l’università deve essere
d’elite e non di massa! Non a caso l’aumento progressivo delle tasse,
l’inserimento del numero chiuso, e l’accesso con test di accertamento stanno
facendo diminuire il numero degli iscritti. Ma l’elite di cui parlano non è
soltanto l’elite studentesca che potrà permettersi di pagare tasse che pian
piano faranno invidia alle università private; l’elite è soprattutto quella
baronale, quella che gestisce l’università come se fosse il proprio orticello,
con concorsi farsa, con la creazione di cattedre ad hoc per amici e parenti,
ecc ecc…
Nel suo articolo il preside scrive “L’attuale sistema lascia nella
sostanziale irresponsabilità gli studenti e le loro famiglie, che sono indotte
ad accettare uno scambio del tipo: basso prezzo-basse aspettative-bassa
qualità” …

Responsabilità? Ma voi ve lo immaginate un padre con la
5a elementare che di professione fa l’operaio, che accompagna il figlio a
scoprire la qualità dell’università? O meglio ancora riuscite a immaginare una
matricola, che imbevuta della peggiore propaganda messa in atto dalle
università (nelle ricorrenze tipo quella di oggi), riesce a capire se quello
che gli stanno vendendo è veramente oro? Se c’è qualcuno che si deve accollare
la responsabilità della qualità della didattica questi non sono gli studenti e
le loro famiglie, ma quanto meno chi gestisce le università, chi viene pagato
per lavorarci, chi fa i concorsi, chi insegna, chi ricerca, chi fa gli esami.
Sarebbe più onesto ammettere che l’aumento delle tasse serve a rimpiazzare (in
parte) il taglio dei fondi: e invece no! Si maschera l’aumento dei fondi con un
aumento della qualità. Peccato che in sostanza nelle università non cambia
nulla per quanto riguarda né il sistema baronale né il metodo di reclutamento e
valutazione dei docenti.
 
Meritocrazia. Dietro questa parola si nascondano le peggiori bufale
inventate dall’intera casta baronale. La soluzione fornita al taglio dei fondi
è stata quella di razionalizzare i tagli in base a un principio di merito: le
università migliori vengono premiate e hanno ricevuto più fondi. Ma vogliamo
andare a vedere in che modo sono stati assegnati questi fondi? In particolare i
2/3 sono stati assegnati in base alla qualità della ricerca, 1/3 in base alla
qualità della didattica. E da cosa dipende la qualità della ricerca?
– “Rafforzare la competitività dell’ateneo in campo nazionale e
internazionale”;
– “Aumentare le produttività, la qualità e l’impatto della ricerca giudicandoli
in base a parametri quali brevetti, finanziamenti esterni, grado di
internazionalizzazione e pubblicazioni”.Ovvero uno spot aziendale. Ed è ovvio
che l’università non è più un luogo di formazione, bensì un mercato di beni (il
prodotto della ricerca) e forza lavoro. Questa è il loro modello di università:
un involucro vuoto ma decoroso.

Questa non è l’università che noi vogliamo.

articolo tratto da Linea di Massima Settembre 2009.

Per scaricare il pieghevole in formato .pdf cliccare sul link sotto.
Linea010_num0.pdf

 

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In che modo l’università fa pagare agli studenti il taglio dei fondi?

In un
recente articolo il nostro preside giustifica come legittimo l’aumento delle
tasse universitarie: il problema dell’università sarebbe stato il numero
crescente di iscritti. Da più parti ci dicono che l’università deve essere
d’elite e non di massa! Non a caso l’aumento progressivo delle tasse,
l’inserimento del numero chiuso, e l’accesso con test di accertamento stanno
facendo diminuire il numero degli iscritti. Ma l’elite di cui parlano non è
soltanto l’elite studentesca che potrà permettersi di pagare tasse che pian
piano faranno invidia alle università private; l’elite è soprattutto quella
baronale, quella che gestisce l’università come se fosse il proprio orticello,
con concorsi farsa, con la creazione di cattedre ad hoc per amici e parenti,
ecc ecc…
Nel suo articolo il preside scrive “L’attuale sistema lascia nella
sostanziale irresponsabilità gli studenti e le loro famiglie, che sono indotte
ad accettare uno scambio del tipo: basso prezzo-basse aspettative-bassa
qualità” …

Responsabilità? Ma voi ve lo immaginate un padre con la
5a elementare che di professione fa l’operaio, che accompagna il figlio a
scoprire la qualità dell’università? O meglio ancora riuscite a immaginare una
matricola, che imbevuta della peggiore propaganda messa in atto dalle
università (nelle ricorrenze tipo quella di oggi), riesce a capire se quello
che gli stanno vendendo è veramente oro? Se c’è qualcuno che si deve accollare
la responsabilità della qualità della didattica questi non sono gli studenti e
le loro famiglie, ma quanto meno chi gestisce le università, chi viene pagato
per lavorarci, chi fa i concorsi, chi insegna, chi ricerca, chi fa gli esami.
Sarebbe più onesto ammettere che l’aumento delle tasse serve a rimpiazzare (in
parte) il taglio dei fondi: e invece no! Si maschera l’aumento dei fondi con un
aumento della qualità. Peccato che in sostanza nelle università non cambia
nulla per quanto riguarda né il sistema baronale né il metodo di reclutamento e
valutazione dei docenti.
 
Meritocrazia. Dietro questa parola si nascondano le peggiori bufale
inventate dall’intera casta baronale. La soluzione fornita al taglio dei fondi
è stata quella di razionalizzare i tagli in base a un principio di merito: le
università migliori vengono premiate e hanno ricevuto più fondi. Ma vogliamo
andare a vedere in che modo sono stati assegnati questi fondi? In particolare i
2/3 sono stati assegnati in base alla qualità della ricerca, 1/3 in base alla
qualità della didattica. E da cosa dipende la qualità della ricerca?
– “Rafforzare la competitività dell’ateneo in campo nazionale e
internazionale”;
– “Aumentare le produttività, la qualità e l’impatto della ricerca giudicandoli
in base a parametri quali brevetti, finanziamenti esterni, grado di
internazionalizzazione e pubblicazioni”.Ovvero uno spot aziendale. Ed è ovvio
che l’università non è più un luogo di formazione, bensì un mercato di beni (il
prodotto della ricerca) e forza lavoro. Questa è il loro modello di università:
un involucro vuoto ma decoroso.

Questa non è l’università che noi vogliamo.

articolo tratto da Linea di Massima Settembre 2009.

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