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E’ GIUSTO DIRE ANTIFASCIMO E’ ANTICAPITALISMO
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LA STORIA NON SI SCRIVE NEI TRIBUNALI
Solidarietà agli studenti condannati per le mobilitazioni del 2008
Il 25 Marzo 2013, il Tribunale di Milano ha emesso la sentenza di primo grado verso alcuni studenti per la tentata occupazione della stazione di Milano Cadorna, avvenuta durante il periodo di mobilitazione noto come “movimento dell’Onda”. Si tratta di 4 condanne dai 5 ai 9 mesi per un totale di quasi 3 anni di condanna per reati che vanno dalla violenza a pubblico ufficiale, al lancio di oggetti, all’istigazione a delinquere.
“Mai quest’onda mai mi affonderà, gli squali non mi avranno mai…
Colpendo gli studenti che si sono battuti con più decisione, si tenta di rinchiudere dentro i tribunali un grande movimento, che tra il 2008 e il 2009, si batté sia contro la riforma Gelmini, sia contro le politiche neoliberiste di governo e Confindustria. Centinaia di migliaia di persone scesero in piazza nei cortei, nei blocchi stradali e delle stazioni, nelle occupazioni delle facoltà e delle scuole; le nostre rivendicazioni non riguardavano soltanto l’ambito studentesco: collegarsi alle lotte dei lavoratori, contro i licenziamenti, o contro l’ulteriore precarizzazione della forza lavoro, erano parole d’ordine assunte da buona parte del movimento.
Chi governa sa benissimo che il mondo della formazione, afflitto dai continui tagli al diritto allo studio imposti dalla crisi e dal regime di austerity, è sempre più funzionale ad un mondo del lavoro precario e senza alcuna garanzia. Solo in questi ultimi giorni si è constatato – secondo fonti ISTAT – di come la disoccupazione giovanile tra i laureati sia aumentata in un solo anno del 35%, senza contare gli stage, il lavoro sommerso e gli impieghi senza contratto. Le stesse rivendicazioni del movimento studentesco dell’Onda sono perciò oggi più che mai valide, e ciò viene anche dimostrato dalla volontà dello Stato e degli organi repressivi di colpire quegli studenti che hanno continuato e continuano a lottare contro l’università e la scuola azienda, contro l’istruzione-merce, ricollegandosi alle lotte dei lavoratori e, più in generale, a quelle contro lo sfruttamento e la devastazione di vite e territori.
La risposta migliore ad un attacco repressivo è quindi continuare la lotta: per questo, pensiamo che si debba riportare la questione dalle aule dei tribunali agli studenti, ai giovani lavoratori che hanno dato vita a quelle mobilitazioni, e che ancora oggi si battono.
Sviluppare una memoria collettiva, da anteporre alla “memoria giudiziaria” significa prima di tutto porre le basi e affilare la critica per le future mobilitazioni, sia nella scuola che nel mondo del lavoro. Allo stesso tempo, è l’esempio migliore che si possa dare verso le giovani generazioni di studenti che, cercando di sviluppare la loro critica alla deriva aziendalista della scuola e dell’università, stanno già preparando la prossima Onda.
“Aspettando un’onda lunga, passa la cera un’altra volta.
Poi col vento nelle mani, qui il futuro è già domani”
Ribellarsi era, è, e sarà giusto!
No all’istruzione merce!
No alla scuola/università-azienda!
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ANTIFASCISMO E’ ANTICAPITALISMO
ANTIFASCISMO E’ ANTICAPITALISMO
Contro l’aziendalizzazione dell’università e della scuola, contro ogni fascismo.
Assemblea in preparazione dello spezzone studentesco in vista del corteo anticapitalista ed antifascista del 16 marzo.
MERCOLEDI’ ore 16.30 AULA 3 – FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE
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LA LOTTA DEGLI STUDENTI BASCHI TRA TAGLI AL DIRITTO ALLO STUDIO, MERITO E REPRESSIONE
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ANTIFASCISMO E’ ANTICAPITALISMO, ANTICAPITALISMO E’ ANTIFASCISMO
Appello per la partecipazione allo spezzone studentesco al corteo per i dieci anni dall’assassinio di Dax.
Il 16 marzo 2013, in occasione del decimo anniversario dell’omicidio per mano fascista di Davide “Dax” Cesare, saremo in piazza per il corteo nazionale indetto a Milano; non solo una commemorazione, ma un momento di unione e rilancio delle lotte, le stesse che in questi dieci anni hanno animato Milano, l’Italia, l’Europa.
Crediamo che la lotta contro il fascismo non possa prescindere da quella contro il capitalismo ed è necessario sottolineare come il fascismo sia legato indissolubilmente alla storia del “progresso” capitalista. Come per il nazismo, il fascismo non è frutto di una degenerazione del potere, un “male assoluto” o un rigurgito di feudalesimo del XX secolo, ma la risultante di una precisa volontà del sistema capitalista di preservarsi ad ogni costo dalle spinte di emancipazione che le classi sociali subalterne hanno saputo mettere in campo. Nello specifico, le rivendicazioni dei lavoratori tornati a casa dopo il primo conflitto mondiale e le esperienze del biennio rosso in Italia e della Rivoluzione d’Ottobre, e il tentativo di rivoluzione spartachista in Germania. Quindi, lungi dall’essere un’ideologia definita, rappresenta uno strumento plasmato secondo le esigenze delle classi dominanti. Mentre la violenza fascista viene utilizzata per reprimere i momenti di forte opposizione sociale (come è stato nel periodo stragista degli anni ’70), in assenza di movimenti di classe il fascismo si ricicla e assume un volto pulito e, attraverso una retorica populista, cerca di incanalare il malcontento. Essere antifascisti quindi non significa solo contrapporsi all’ideologia fascista, ma combattere un modello sociale basato su disuguaglianza e sfruttamento. Isolare il fascismo dal contesto economico capitalista in cui si è sviluppato e riprodotto nel tempo, significa accettare l’idea di un andamento inclusivo e democratico di questo sistema. Accettare la libertà che garantisce il dominio di pochi su molti.
È quindi fondamentale sviluppare una contrapposizione reale nei luoghi in cui si palesano le contraddizioni del sistema economico vigente, come nelle scuole, nell’università, nei quartieri, nei posti di lavoro.
Il corteo del 16 marzo sarà composto da tutte quelle realtà, soggettività, gruppi, che portano avanti questi percorsi di lotta, portatori di quella consapevolezza che impedisce, dove si sviluppano, l’attecchire di idee e pratiche razziste e sessiste.
Come sappiamo l’istruzione pubblica è soggetta ormai a continui tagli, indirizzati soprattutto verso le scuole o le facoltà universitarie meno funzionali alle esigenze del mercato, un mercato del lavoro che vuole lavoratori sempre meno qualificati, facilmente intercambiabili e quindi più ricattabili. L’insegnamento è sempre più nozionistico e teso a non dare margine di critica. La selezione di classe inizia già dalla scelta della scuola superiore e, attraverso lo smantellamento del diritto allo studio e l’innalzamento continuo dei costi di iscrizione e di frequenza, prosegue per tutto il percorso formativo. Quello che si cela dietro le ultime riforme scolastiche che si basano sul concetto di meritocrazia è tagliare a tutti per dare a pochi “meritevoli”, ossia a coloro che partono avvantaggiati grazie a una migliore estrazione sociale.
Il ruolo delle formazione è quindi fornire forza lavoro disciplinata e riprodurre l’apparato ideologico funzionale alle esigenze di quella classe dominante, che sta portando avanti l’attacco al mondo del lavoro, i tagli alla sanità, e sta falciando le conquiste di un secolo di lotte sociali.
Mentre a parole gruppuscoli di destra, più o meno estremisti, si dicono contrari a queste riforme, attaccano nei fatti i movimenti che vi si oppongono realmente, svelando così che lo scontro non è tra opposti estremismi ma tra sostenitori ed oppositori di questo sistema.
Riteniamo che scendere in piazza il 16 marzo come studenti sia importante per ribadire che la mercificazione del sapere e l’aziendalizzazione della scuola e dell’università non sono altro che un prodotto del sistema capitalista che del fascismo si avvale a seconda della fase storica.
Invitiamo quindi tutti gli studenti, le studentesse e tutte le realtà a partecipare allo spezzone studentesco al corteo del 16 marzo.
Contro l’aziendalizzazione dell’università e della scuola, contro ogni fascismo.
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LIBERTA’ PER CHI LOTTA PER LA CAUSA PALESTINESE
Il 28/02/2013 le autorità francesi decideranno sul rilascio del militante Georges Ibrahim Abdallah, prigioniero da oltre ventotto anni nelle carceri francesi.
Georges Abdallah è un compagno libanese che si è sempre battuto per la causa palestinese, aderendo al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (organizzazione tuttora attiva nei territori occupati). Viene arrestato nel 1984 in Francia con la motivazione del possesso di documenti falsi (si trattava in realtà di un passaporto rilasciato legalmente dalle autorità algerine), e gli vennero poi aggiunte numerose e pesanti accuse; venne perciò condannato all’ergastolo con l’accusa di avere partecipato all’attentato nel 1982 a Parigi contro il responsabile militare dell’ambasciata USA e di un alto funzionario dei servizi segreti israeliani.
All’epoca la Francia si prese rapidamente l’impegno, a fianco del governo algerino, di liberare Georges Ibrahim Abdallah. Tuttavia, le autorità statunitensi esercitarono delle pressioni sul governo francese al fine di impedirne il suo rilascio.
Nel 2006 Georges Ibrahim Abdallah doveva essere scarcerato, ma ancora una volta le pressioni degli USA e di Israele l’hanno impedito.
Oggi nuovamente si ripete la vicenda: un verdetto di scarcerazione per il 14 gennaio viene bloccato. In risposta a questo ennesimo episodio si sono svolti in numerosi paesi – dalla Francia alla Palestina – presidi e manifestazioni di solidarietà che richiedevano la sua scarcerazione, alcuni pesantemente repressi, portando a scontri a Parigi e a Beirut.
Le ragioni dell’accanimento, fomentato da pressioni degli USA e del governo israeliano, sono tutte di matrice politica e riguardano le ragioni della militanza antimperialista e al fianco del popolo palestinese di Georges Ibrahim Abdallah. Militanza mai venuta a meno, anche durante la sua prigionia.
Oggi più che mai queste ragioni rimangono attuali di fronte allo scenario del Medio Oriente sul quale, rafforzati dalla crisi in corso, soffiano sempre più forti i venti di guerra. E ciò avviene mentre la politica estera francese diventa sempre più sanguinaria e rapace, come nei recenti interventi militari in Libia, in Ciad, e ora in Mali, nazione ricca di uranio, materia prima necessaria alla potenza nucleare francese.
27/02/2013 è stata indetta una giornata di mobilitazione internazionale a sostegno della liberazione di Georges Ibrahim Abdallah . Pensiamo che aderire a questa giornata di lotta sia un momento di sostegno alla causa palestinese, per la quale Georges si è sempre battuto.
Solo qualche giorno fa, il 23/02, Arafat Jaradat, prigioniero palestinese nelle carceri israeliane, è morto in seguito alle ripetute torture da lui subite. A Hebron e in altre città palestinesi dei territori occupati si sono subito svolti diversi momenti di protesta, tra cui uno sciopero della fame di migliaia di prigionieri detenuti in Israele, e scontri con l’esercito israeliano.
Riteniamo che essere in piazza il 27/02 sia un modo concreto per mostrare solidarietà al popolo palestinese, a Georges Ibrahim Abdallah, e a tutti i popoli oppressi.
Contro ogni guerra imperialista, liberta per Georges!
Libertà per il popolo palestinese!
- PRESIDIO Mercoledì 27 febbraio 2013 ore 15.00 presso il consolato francese, Via della Moscova angolo Via Turati
- Ritrovo a Scienze Politiche ore 14:30
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IL TEATRINO ELETTORALE E L’UNIVERSITA’, OLTRE L’UNIVERSITA’
Nell’ultimo anno e mezzo, tutti i provvedimenti presi dal governo dei tecnici, con l’appoggio incondizionato e trasversale di tutti gli schieramenti – dalla riforma delle pensioni, agli attacchi serrati al mondo del lavoro, passando per la spending review e i tagli indiscriminati a tutti i servizi – hanno mostrato in maniera evidente l’intenzione della parte di borghesia italiana più internazionalizzata di adeguare il sistema socio-economico del paese agli standard europei e di accreditarsi agli occhi dei grandi capitali internazionali. Non sono un caso, infatti, i continui riferimenti dei ministri-professori e dei politici ai sistemi mitteleuropei, in particolare all’agognato “modello tedesco”, e cioè a quelli perfettamente funzionali alle esigenze della borghesia europea più avanzata.
Terminata l’esperienza “eccezionale” del governo Monti, nel pieno di una campagna elettorale che ci restituisce un’immagine della realtà dei fatti sempre più distorta, l’unica preoccupazione dei vari schieramenti in corsa – gli stessi che fino a pochi mesi fa hanno dimostrato di saper fare così bene fronte comune nel garantire di fatto sostegno e piena agibilità e legittimità politica all’esecutivo uscente, agitando di volta in volta gli spettri dell’austerità e della crescita dietro vuoti e pomposi appelli al “comune senso di responsabilità nazionale”- è quella di recuperare consenso e voti. Al di là delle apparenti divergenze di programmi e delle differenti dichiarazioni d’intenti, ci appare chiaro che, qualunque sarà il risultato uscente dalla tornata elettorale, il futuro governo dovrà muoversi su una direzione politica il cui percorso è già solcato. E’ assolutamente indifferente che a risultare vincitrice sia la retorica anti-europeista e populista di un mai morto Berlusconi (ancora principale riferimento per gli interessi della piccola e media borghesia che in questi mesi ha opposto non poche resistenze alla “modernizzazione” del tessuto produttivo del paese avviata dai tecnici), che sia il porsi del Pd come forza interclassista pur rappresentando attualmente il principale blocco reazionario della scena politica italiana, oltre che un interlocutore sempre pronto a rassicurare i poteri forti dell’Unione Europea, o che sia la costruzione di un grande centro stabile di chi, come l’Udc, ha deciso di sostenere la “salita in politica” dell’ex premier Monti.
Nessuna di queste forze, infatti, ha messo in discussione quelli che sono i vincoli imposti dalle gerarchie europee che la crisi ha velocemente delineato, dal fiscal compact all’obbligo del pareggio di bilancio costituzionale. “Vincoli europei” che se da un lato vengono utilizzati come strumento per autoassolversi e lavarsi le mani di fronte agli elettori, dall’altro sono sintomatici di una delle contraddizioni interne alle nostre “democrazie” e della totale inutilità di queste elezioni.
Emblematico, per quello che sarà l’agire politico del prossimo governo, è il contenuto della cosiddetta Agenda Monti, vero e proprio manifesto programmatico dei mesi a venire.
Ma cosa prevede questa “Agenda Monti” nello specifico?
Centrale è, ovviamente, la questione del lavoro: l’attacco al contratto collettivo nazionale e agli ormai residuali diritti dei lavoratori (con la complicità dei sindacati concertativi) sono solo alcune delle misure che dovrebbero rendere ulteriormente “flessibile” un mercato del lavoro dai tempi e dagli spazi già infernali. Nell’Agenda si ipotizza anche un utilizzo più spinto delle pensioni integrative (che consentirebbe di mettere in circolo quote consistenti di capitali oggi immobilizzate nei risparmi dei lavoratori) e si assume come prioritario l’impegno dell’Italia all’interno della NATO, dando una particolare preminenza all’industria bellica e prendendo parte in tutti gli scenari di guerra (in questo senso va il sostegno logistico dato alla guerra francese in Mali). Non potevano mancare gli interventi nel settore dell’istruzione. La battaglia è ovviamente quella per una scuola incentrata sul merito e sulla competizione, principi che gli studenti devono completamente interiorizzare, fin dalle scuole superiori, per poi dovere immediatamente conformavisi. É proprio sulle scuole secondarie che si è soffermata l’attenzione, prevedendo finanziamenti mirati erogati in base ai risultati delle prove INVALSI che hanno già dimostrato di non essere niente altro che un tassello ulteriore nello sviluppo e nella diffusione di un sapere puramente nozionistico, tutto a discapito di una formazione che possa dotare di veri strumenti di critica. A questo vanno aggiunte le “raccomandazioni” del ministro Profumo e di numerosi esponenti politici bipartisan ad iscriversi ad istituti tecnici e professionali per portare a compimento il progetto di creazione di atenei d’eccellenza e di atenei “parcheggio” e scremare già dall’accesso il numero di immatricolati all’università, tanto in Italia “non abbiamo bisogno di geni”, come puntualmente ha tenuto a precisare il Presidente del Censis, De Rita.
Uno sguardo sul mondo dell’Università e della formazione
La posizione di De Rita non è però isolata, ma è perfettamente in linea con le riforme del sistema formativo fatte da vent’anni a questa parte, tanto da governi considerati di “sinistra” quanto da governi di “destra”. In una lettera di qualche giorno fa, indirizzata a Repubblica, Bersani si affretta a sostenere che “Il giusto riconoscimento del merito deve essere accompagnato dalla valorizzazione delle opportunità che ciascuno ha di accedere alla formazione, altrimenti diventa solo la certificazione di un privilegio di nascita o di censo”. Bersani e tutto il PD, però, non si sono opposti nelle aule del parlamento alla riforma Profumo, al taglio continuo delle borse di studio e in genere dei servizi per gli studenti, così come non si sono opposti allo sfacelo di cui è responsabile la precedente riforma Gelmini prodotta dall’ultimo governo targato PDL. Non si può dire che siano diverse le linee seguite dal governo dei professori che, oltre a insistere sulla logica meritocratica, richiedono generici “più fondi” per università e la ricerca, senza chiarire quali saranno i criteri per la distribuzione dei fondi stessi: non è difficile ipotizzare come questi saranno destinati agli atenei virtuosi tanto amati dal ministro Profumo, mentre agli altri atenei, ormai al collasso, rimarranno solo le briciole.
Insomma, i programmi di tutti i partiti si fondano, a dispetto delle parole pronunciate, sulla strenua difesa del concetto di merito che è presentato da tutti, trasversalmente ai partiti e oltre i partiti stessi (vedi le dichiarazioni di esponenti di Confindustria), come neutrale e che permette a chiunque di “emergere”; nessun sostenitore del merito, però, nel fare l’apologia dello stesso, tiene conto delle condizioni diverse da cui parte ognuno- dalla condizione economica della famiglia, al contesto sociale in cui vive. Quello che vogliono farci credere è che il merito possa portare alla costruzione di una società più equa e giusta, lontana dall’Italia di fine anni ’90 del clientelismo e delle raccomandazioni.
Abbiamo, però, imparato a conoscere, a nostre spese, cosa si nasconde dietro tutto ciò: maggiore selezione di classe, individualismo sfrenato, aumento delle diseguaglianze economiche e sociali. Sappiamo che la risposta a questo preciso stato di cose non si trova all’interno di nessuna cabina elettorale, ma che è tutta da costruire. Sta solo a noi farlo a partire da quello che siamo, dalle lotte che quotidianamente sosteniamo dentro e fuori le facoltà, dalla capacità che avremo di connetterle con quelle di tutti i soggetti che questo sistema sfrutta e opprime, dalla volontà, dall’intelligenza, dalla determinazione che sapremo avere nel rispondere agli attacchi che ogni giorno ci vengono rivolti.
No all’università-azienda!Il futuro non è scritto!Non delegare, lotta!
Red Net www.red-net.it
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CHI CONTROLLA IL PASSATO, CONTROLLA IL FUTURO
Chi controlla il passato controlla il presente e il futuro
Solidarietà agli studenti sotto processo per le mobilitazioni del 2008
Il 13 febbraio, il Tribunale di Milano emetterà la sentenza di primo grado verso alcuni studenti per la tentata occupazione della stazione FN di Cadorna avvenuta durante il periodo di mobilitazione noto come “movimento dell’Onda”. Altri processi si sono appena conclusi o sono tuttora in corso: si tratta di 200 denunce per 62 studenti, che vanno dall’interruzione di pubblico servizio, manifestazione non autorizzata, ed altre accuse collegate ai momenti di mobilitazione messi in atto contro la deriva aziendalista di tutto il sistema formativo.
“Mai quest’onda mai mi affonderà, gli squali non mi avranno mai…”
Colpendo gli studenti che si sono battuti con più decisione, si tenta di rinchiudere dentro i tribunali un grande movimento, che tra ottobre 2008 e dicembre 2009, si è battuto sia contro la riforma Gelmini, sia contro le politiche neoliberiste di governo e Confindustria. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza nei cortei, nei blocchi stradali e delle stazioni, nelle occupazioni delle facoltà di molte città; e le nostre rivendicazioni non riguardavano soltanto l’ambito studentesco: collegarsi alle lotte dei lavoratori, contro i licenziamenti, o contro l’ulteriore precarizzazione della forza lavoro, erano parole d’ordine assunte da buona parte del movimento.
Chi governa sa benissimo che il mondo della formazione è sempre più funzionale ad un mondo del lavoro precario e senza garanzia alcuna. Questa condizione sta già generando tensioni sociali. Mentre sono sempre più coloro che vengono colpiti dai licenziamenti o dalla flessibilizzazione delle loro condizioni di lavoro, studenti che fanno propria la parola d’ordine “collegare le lotte”, costituiscono una voce fuori dal coro contro i piani di sfruttamento, che siano lo smantellamento del diritto allo studio, il modello Marchionne o la riforma Fornero. Pertanto, ogni disturbo va eliminato, perché la direzione nella quale ci stiamo muovendo è chiaramente definita.
La risposta migliore ad un attacco repressivo è continuare la lotta: per questo, pensiamo che si debba riportare la questione dalle aule dei tribunali agli studenti, ai giovani lavoratori che hanno dato vita a quelle mobilitazioni, e che ancora oggi si battono.
Non riteniamo di doverci assumere la responsabilità politica riguardante le motivazioni e le scelte che hanno portato migliaia di persone a e mobilitarsi. Tantomeno vogliamo assumerci la responsabilità penale in riferimento a quelle giornate
Sviluppare una memoria collettiva, da anteporre alla “memoria giudiziaria” significa prima di tutto porre le basi e affilare la critica per le future mobilitazioni, sia nella scuola che nel mondo del lavoro. Allo stesso tempo, è l’esempio migliore che si possa dare verso le giovani generazioni di studenti, che cercando di sviluppare la loro critica alla deriva aziendalista della scuola e dell’università stanno già preparando la prossima Onda.
“Aspettando un’onda lunga, passa la cera un’altra volta.
Poi col vento nelle mani, qui il futuro è già domani”
Ribellarsi era, è, e sarà giusto.
No all’istruzione merce,
NO alla scuola/università azienda.
Presso il Tribunale di Milano:
13/2 h. 12.00: Sentenza per La tentata occupazione di Cadorna (21/10/2008)
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LA BANALITA’ DEL MALE
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