In questi giorni molti quotidiani hanno riportato del caso “Electrolux”, a noi però sembra che non si sia voluto esprimere la reale portata di questo nuovo attacco ai diritti dei lavoratori.
Electrolux è una multinazionale svedese con diverse sedi produttive in Italia, tra cui Solaro in provincia di Milano e Porcia in provincia di Pordenone. Questa grossa azienda metalmeccanica detiene il 25% del mercato degli elettrodomestici mondiale.
Il motivo per cui il caso è salito alla ribalta delle cronache è che, imponendo come alternativa il ricatto della delocalizzazione, l’azienda sta cercando di imporre nuove condizioni contrattuali, che infischiandosene della contrattazione collettiva nazionale vorrebbero imporre un drastico taglio dei salari dai 1400 circa originari a 700-800 euro, a fronte della riduzione delle ore lavorative giornaliere a 6. Inoltre l’azienda “propone” un taglio dell’80% dei premi aziendali, il blocco dei pagamenti delle festività, la riduzione di pause e permessi, e l’annullamento degli scatti di anzianità.
Prendiamo parola vista l’importanza che questo evento ricopre per tutti noi: lungi dall’essere un caso isolato, l’Electrolux è uno dei mille episodi che in questo preciso momento storico stanno andando a modificare pesantemente il mondo del lavoro. Una linea di tendenza ormai certa e inconfutabile, aperta a suo tempo con il caso Fiat-Marchionne, le cui ricadute si fanno sentire anche nel mondo universitario e dell’istruzione.
Infatti, da qualche mese a questa parte, in ogni posto di lavoro, si ripresentano situazioni peggiorative della condizione dei lavoratori. Ne sono un esempio le molte aziende che, a seconda delle proprie esigenze, cambiano in corso di contratto gli orari e la retribuzione. Gli stage e i tirocini che, nonostante consistano in mansioni lavorative che a tutti gli effetti producono profitto per l’azienda, vengono retribuite con somme irrisorie, il cui basso costo contribuisce ad abbassare il prezzo generale della manodopera in tutti gli altri settori lavorativi.
Infine le centinaia di aziende che hanno imposto i tristemente famosi “contratti di solidarietà” che, presentati come strumenti atti a risolvere situazioni emergenziali e temporanee, nella realtà sono le nuove condizioni lavorative che le classi superiori ci impongono per salvaguardare i loro profitti, i quali inevitabilmente continueranno a cadere, dato che l’attuale crisi non è altro che l’inevitabile tendenza a cui questo sistema strutturalmente va incontro.
Tutto ciò a fronte di un mercato del lavoro ormai del tutto internazionale che pone la classe lavoratrice sotto ricatto: accettare le nuove condizione o altrimenti chiusura della sede e sua delocalizzazione in paesi dove la forza-lavoro costa ancora meno. In questo contesto il ruolo dei sindacati è proprio quello di legittimare le nuove condizioni lavorative agli occhi dei lavoratori, firmando accordi al ribasso, invece di porsi conflittualmente contro questa forma di macelleria sociale.
Questo ruolo dei sindacati e la ristrutturazione del mercato del lavoro in senso liberista , quindi sempre più flessibile,è ciò che ci viene propinato quotidianamente dai baroni durante le loro lezioni in università. Queste esigenze del capitale italiano ed europeo “attraversano” l’università, dove vengono teorizzate ed esplicitate, diventando poi pratica che si traduce in leggi o decreti dell’esecutivo, che in questa fase vanno ad abbattere gli standard di vita nostri e delle nostre famiglie.
Anche questo significa “aziendalizzare” l’università, un processo in cui le stesse aziende assumo il controllo diretto degli organi accademici.
Non ci stupiamo di questo, le esigenze del modello economico nel quale viviamo tendono a conformare ai loro scopi sempre più vasti settori della nostra società. Da sempre il ruolo dell’università è stato subalterno sia ideologicamente che materialmente alle formazioni economiche di un dato momento storico, ad oggi questo compito viene svolto nel produrre nuova forza-lavoro, sempre più precarizzata, flessibile, ideologicamente orientata al carrierismo e alla competizione.
Se una visone del mondo che tende a gestire ogni aspetto della società come una azienda è senz’altro un passo avanti per coloro che delle aziende detengono la proprietà, per la classe lavoratrice invece è solo un enorme passo indietro sul terreno dei propri diritti e della qualità della vita, l’unico avanzamento è da intendersi sul terreno dello sfruttamento, quindi della riproduzione economica del capitalismo stesso.
L’unica difesa con cui si può ribattere è organizzarci e mobilitarci, come studenti e futuri o attuali lavoratori, contro questo stato di cose attuale.
Solidarietà agli operai Electrolux e a tutti i lavoratori che lottano contro l’attacco alle nostre condizioni di vita!
Assemblea Scienze Politiche