facoltà ed a singoli corsi di laurea è limitato da un numero chiuso. La
giustificazione unanime fornita da governo, industriali e rettori verte su due
“virtù” proprie dello sbarramento all’ingresso: l’efficienza delle strutture
universitarie e la possibilità di selezionare i più capaci e meritevoli tra gli
studenti. A partire dal 1996, quando era ancora adibito all’iniziativa del
singolo ateneo (a tutt’oggi costituisce competenza governativa), il numero
chiuso era presentato come uno strumento capace di favorire i meno abbienti ,
poiché si basava sul merito e non sul reddito. Eppure statistiche ormai
decennali dimostrano chiaramente come la provenienza da un’area geografica
anziché da un altra o da una scuola di periferia rispetto ad una scuola “bene”
possano fare una grande differenza nei livelli di preparazione e nelle
possibilità di accesso al mondo universitario, o quanto vi influisca la
presenza di laureati tra i genitori e la quantità di libri presenti in casa. Questi
fattori, insieme all’ insufficienza delle politiche per il diritto allo studio
(borse, trasporti, studentati), al continuo aumento delle tasse
universitarie e all’impossibilità per gli studenti
lavoratori di frequentare (come indotto e richiesto
progressivamente dal nuovo ordinamento), confermano la presenza di un
meccanismo di selezione di classe nel nostro sistema formativo.
L’introduzione di uno sbarramento all’ingresso per TUTTE
le facoltà è stato introdotto dal ministro Moratti nel 2004, e ratificato dal
sinistro ministro Mussi. Lo chiamano test
di autovalutazione (ma solo perché paga lo studente!!!), ma la logica è
la stessa del numero programmato: chi non supera il test possiede un debito
formativo che gli preclude la possibilità di dare esami (come se non
bastasse la valutazione del professore); la frequenza di corsi di recupero “libera”
lo studente da questo debito, dandogli finalmente la possibilità di sostenere
le prove d’esame. È evidente come in
questo modo si precluda ad un certo numero di studenti
(in particolare gli studenti-lavoratori) la possibilità di proseguire la carriera
universitaria basandosi sui risultati di un test nozionistico, quando sarebbe
sufficiente consentire il libero svolgimento dei corsi di recupero, la
possibilità di frequentare le lezioni e di dare esami per aggirare eventuali
lacune, senza per questo punire chi non passa la selezione. In questo modo
si assottigliano le aspettative da parte di chi si appresta a
frequentare l’università ed appartiene ad una classe sociale sfavorita,
accentuando, invece che limitando, la selezione di classe.
Cosa vogliono, allora, industriali, governo e baroni,
imponendoci per legge il numero chiuso?
La selezione di classe è un meccanismo progressivo, che
incide a partire dalla scelta della scuola media superiore, proseguendo via via
lungo il percorso universitario. Se pensiamo che da quest’anno esistono
degli sbarramenti (basati sul voto di uscita) tra triennale e magistrale, e
che questi sbarramenti si riproducono dopo la magistrale nell’accesso ai vari
master (molto costosi e quindi inaccessibili a “chi non ha”), il quadro diviene
più chiaro.
L’intenzione è quella di produrre una differenziazione
dei percorsi di studio, che rigeneri, prima durante e dopo il percorso
universitario, una stratificazione sociale funzionale alle esigenze delle
imprese (rappresentate in Italia da Confindustria). Non è un caso che la riforma Brunetta (legge 133), differenzi, tagliando
le risorse, tra atenei competitivi (nei quali si forma la classe
dirigente, con un livello di tasse molto alto ed un finanziamento cospicuo da
parte dello Stato e delle imprese), e atenei di serie B, nei quali si
producono futuri lavoratori disciplinati e dequalificati.
L’unica risposta alla selezione, alle politiche che ci
vogliono sempre piω ingabbiati e legati al nostro destino di lavoratori competitivi
e supini ai bisogni del padrone di turno è la lotta per una Università che sia
pubblica (e quindi adeguatamente finanziata), che non preveda costi per gli
studenti, che sia di qualità, che consenta l’accesso a tutti (indipendentemente
dalla classe sociale di provenienza) che non sia elitaria, bensì di massa.
NO AI TEST D’INGRESSO ED AI TEST DI AUTOVALUTAZIONE!!!
NO ALLA SELEZIONE DI CLASSE!!!
LOTTIAMO PER UNA UNIVERSITA’ CHE SIA PUBBLICA, GRATUITA,
LIBERA E DI MASSA!!!
RED NET
Rete delle realtà studentesche autorganizzate