Venerdì 9 febbraio l’Università di Bologna ha chiesto l’intervento della celere per sgomberare la biblioteca di Lettere, al 36 di via Zamboni, caricando due volte gli studenti all’interno. La biblioteca era stata aperta dagli studenti a seguito di una vera e propria serrata da parte dell’istituzione universitaria.
Erano infatti giorni che si susseguivano proteste contro il posizionamento dei tornelli, voluti dall’Ateneo, per “regolare gli accessi in biblioteca”. Accessi regolati vuol dire che l’università, un luogo pubblico, non sarebbe stato più pubblico, ma accessibile solo a coloro che avrebbero presentato i requisiti per l’accesso. Questo sarebbe stato l’ennesimo tassello dello smantellamento dei nostri diritti: l’università si sarebbe mostrata per quello che è, un servizio, pagato a caro prezzo dagli studenti, usufruibile solo da coloro che lo pagano e che, quindi, hanno i requisiti per l’accesso. Gli studenti di Bologna si sono opposti a quest’ennesimo abuso smontando i tornelli. Di risposta l’università, al posto di prendere atto delle rivendicazioni degli studenti, ossia che l’Ateneo debba essere un luogo libero e accessibile a tutti, ha chiuso arbitrariamente la biblioteca di via Zamboni. Di fronte a quest’atto un’assemblea partecipatissima di studenti ha deciso collettivamente di rispondere all’attacco riappropriandosi e rendendo accessibile a tutti la biblioteca. In serata l’università ha chiesto l’intervento della polizia che è entrata nella sala studio del 36, manganellando violentemente gli studenti che stavano tranquillamente studiando. Questo è un atto gravissimo e inammissibile: cariche della celere, all’interno della facoltà. Gli studenti, però, non si sono arresi e hanno iniziato a sfilare per le strade della città.
Anche noi, come gli studenti di Bologna, lottiamo e rivendichiamo il fatto che l’università debba essere un luogo accessibile a tutti, senza tornelli, senza manganelli.
Ecco perché ci opponiamo alla decisione del rettore della nostra università di Milano di non autorizzare l’incontro pubblico, organizzato per lunedì 13 febbraio con Davide Grasso (combattente delle Ypg in Siria tra maggio e ottobre scorsi). Incontro vietato “per ragioni di opportunità” dal momento che la presenza “di un combattente” costituirebbe “grave pericolo per la comunità universitaria”. Non possiamo accettare tale divieto, pur sapendo bene che l’università non accetta confronti critici con, e tra, gli studenti, ma li vieta; soprattutto se si tratta di controinformazione, nello specifico sulla situazione kurda, in cui, magari, emergono le responsabilità italiane ed europee rispetto alla condizione della guerra siriana. Ma ancora più esplicativo della funzione che l’università ricopre (ossia di prepararci al mondo del precariato e della flessibilità, previo lavaggio di cervello con nozioni ideologiche da ripetere acriticamente e a memoria) è l’aver preso questa decisione in subalternità alla Questura, che parla, appunto, di problemi per l’ordine pubblico.
Noi lunedì ci saremo a fianco dell’Assemblea Statale, per riappropriarci dei nostri diritti: l’università è degli studenti, che s’impegnano per renderla un luogo di confronto critico, non un mero esamificio utile solo per seguire lezioni frontali al termine delle quali ripetere poche e confuse nozioni a memoria (in modo totalmente acritico pena la bocciatura all’esame) e dare, nel più breve tempo possibile, il numero maggiore di CFU.
Gli eventi di Milano e Bologna non sono scollegati, esprimono una precisa volontà: uniformare le università, renderle dei meri esamifici, dei luoghi di accettazione acritica delle regole. Ma noi studenti ci siamo e ci opponiamo a ciò, dimostrando che di fronte alla violenza dell’istituzione accademica e dei manganelli ci organizziamo e rispondiamo, lottando per difendere i nostri diritti.
SOLIDARIETÀ agli studenti di Bologna!
Assemblea Scienze Politiche