Da quando siamo iscritti all’università vediamo in prima persona, di anno in anno, il progressivo peggioramento delle condizioni alle quali uno studente deve sottostare per terminare il suo percorso formativo. Questo è dovuto principalmente all’assottigliamento dei fondi destinati al diritto allo studio. Approfondiamo la questione. Per diritto allo studio si intende la possibilità per tutti di accedere all’università e poterne frequentare i corsi fino al termine del percorso formativo. L’ente che, a Milano, si occupa di gestire i fondi ad esso destinati è il C.iDiS (Consorzio interuniversitario per il diritto allo studio), esso lo fa prendendosi carico dei servizi offerti dall’università e della gestione delle borse di studio. Questo dovrebbe permettere anche agli studenti meno abbienti di sostenere le spese e le stesse tasse universitarie sempre più alte, senza dover cercare un lavoro per farlo. Di ottenere un alloggio per il quale non si debba far fronte ad un affitto insostenibile. Di poter raggiungere fisicamente la facoltà in cui si studia, senza dover sborsare mensilmente ingenti somme alle aziende di trasporto. Ognuno di questi bisogni, se non soddisfatto, rappresenta un ostacolo di ordine economico e quindi sociale alla possibilità, per ognuno, di ricevere un’istruzione di qualità. Ciò che possiamo analizzare a partire da ciò che ci viviamo in università, ci fornisce un quadro assai differente.
Il modello economico attualmente dominante si fonda sulla divisione della società in differenti frazioni, i cui interessi sono opposti tra loro. L’università non è esente da questo processo, al suo interno infatti viene operata una precisa scrematura sociale, una vera e propria selezione di classe. In questi ultimi tempi, che hanno visto susseguirsi manovre d’austerity e tagli ai fondi dell’istruzione pubblica, la selezione sta di anno in anno diventando sempre più stringente: difatti il taglio alle borse di studio (del 95%), agli alloggi (con la legge finanziaria del 2009 sono stati previsti dei tagli di -6,6 milioni per il 2009, -7,1 milioni per il 2010 e -12,7 per il 2012, fonte: Il sole 24 ore), il caro libri e il caro-mensa stanno impedendo sempre più l’accesso universale all’istruzione. Il tutto nel nome del merito, giustificazione ideologica alle necessità del capitale di aziendalizzare, ovvero porre sempre più l’istruzione al servizio totale di imprese e CONFINDUSTRIA, dai temi sempre più di carattere nozionistico e acritico trattati ai corsi fino alla differenziazione tra atenei di serie A e di serie B o addirittura barriere di accesso all‘istruzione, di tipo economico, per le classi meno avvantaggiate (gli incrementi di tasse universitarie dal 2004 al 2012 hanno toccato l’apice del 168%). I cui appartenenti, per condizioni di obbiettivo svantaggio sociale, non potranno nella maggior parte dei casi mai essere definiti meritevoli. In poche parole non abbiamo diritto ad una istruzione per il semplice fatto che siamo individui che vogliono accrescere se stessi e le loro competenze generali, ma solo e soltanto se ciò potrà giovare alle esigenze di profitto e organizzazione del lavoro di aziende e privati.
Nel contempo assistiamo allo svilupparsi di forme di lotta all’interno dell’università, che anche attraverso la pratica della riappropriazione, si riprendono quelle fette di diritto allo studio che vengono negate.
La nascita delle mense autogestite, come ad esempio quella dell’università Federico II di Napoli: dove alcuni studenti hanno occupato e messo in funzione una mensa, lasciata abbandonata da parte dell’istituzione accademica nonostante fosse una struttura nuova ed efficiente.
Oppure le molte aule autogestite dagli studenti per far fronte alla mancanza di aule studio e di luoghi di confronto critico come avviene a Scienze Politiche. E ancora la condivisione dei libri di testo gratuitamente, altro fronte su cui ci impegniamo.
Ottenere un alloggio pagando affitti esorbitanti grava, come tassa indiretta, sul diritto allo studio. Oltremodo non poterselo permettere significa dover sostenere il costo dei trasporti e vivere in famiglia. Allo stesso modo, riappropriarsi di un alloggio, a fronte dei numerosissimi abbandonati, significa anche prendersi una parte di quel diritto allo studio negato. Altra pratica, quest’ultima, messa in atto ad esempio a Roma con lo studentato “Degage”.
Senza ombra di dubbio le soluzioni individuali a questi problemi possono al massimo fornire brevi palliativi. E’ necessario invece organizzarsi collettivamente e riprenderci ciò che dovrebbe già essere nostro, in quanto le classi sociali che producono la ricchezza materiale sono proprio quelle che più vengono colpite.