Ieri 17 ottobre, noi studenti e
lavoratori abbiamo partecipato allo Sciopero generale indetto dai sindacati di
base. Siamo partiti da via Conservatorio assieme agli studenti della nostra
facoltà per incontrare in Piazza Fontana i lavoratori e gli altri studenti
provenienti dalla Statale. Assieme allo spezzone dei maestri elementari e medi,
personali tecnico amministrativo, studenti medi ed universitari, ricercatori e
borsisti abbiamo percorso in corteo le vie di Milano.
La cosa che ha fatto fare un salto qualitativo allo spezzone non è stata tanto la sola presenza dei sound systems, quanto i continui
interventi, parecchio incazzati, i quali hanno rimarcato come la legge
133 che porta le firme della signora Gelmini e del signor Tremonti sia un attacco a tutto il mondo del lavoro, in cui scuola e università sono
“solo” tasselli di una ristrutturazione generale.
Abbiamo ribadito che la teorie e le realtà economico-sociali propagandate
all’interno della nostra facoltà sono le cause prime degli ingenti crack
finanziari cui stiamo assistendo.
Abbiamo rimarcato che a ogni
riforma nel mondo universitario corrisponde l’esigenza del sistema
capitalistico di riorganizzare il processo produttivo: è in nome
dell’ineffabilità del mercato che i nostri baroni (spesso rossi) propagandano
le peggiori nefandezze come la precarietà lavorativa e l’inutilità di un
sindacato davvero conflittuale. In sostanza, abbiamo chiarito che non
accetteremo più corsi che rappresentano l’apologia delle varie leggi vergona,
partendo dal Pacchetto Treu per arrivare alla Legge 30.
Mentre il corteo proseguiva,
hanno preso la parola anche i lavoratori amministrativi, colpiti in primo luogo
dai tagli criminali di questa legge: senza tali fondi l’università subirà un
colpo mortale poiché non verranno più garantiti gli stipendi a chi eroga
quotidianamente i servizi essenziali. Servizi essenziali non certo forniti
dallla maggioranza dei nostri docenti che infatti si sono ben guardati non solo
dallo scendere in piazza, ma anche dal prendere una posizione chiara. D’altra
parte se questi personaggi fino a ieri hanno propagandato quanto il
privato fosse efficiente mentre il pubblico un orpello da abolire, non ci
aspettiamo di certo che oggi si erigano a difensori delle poliche che loro
stessi hanno giustificato e divulgato.
I cattedratici sono i soggetti
che teorizzano la flessibilità, la precarietà, il fannullonismo e
l’inefficienza del pubblico.
Nessuna alleanza, dunque, con i
nemici da combattere.
Nessuna alleanza con le
rappresentanze dei parlamentini universitari.
Nessuna alleanza con le
istituzioni accademiche.
Scandito da interventi che
rimarcavono la natura di classe di questa legge e della susseguente natura
di classe di una reale strategia di opposizione, di attimo in attimo
lo spezzone degli universitari, studenti e lavoratori si è ingrossato,
raggiungendo velocemente decine di migliaia di persone. Abbiamo gridato che la
crisi provocata dai banchieri in combutta coi governi reazionari di Usa ed
Europa (con varie appendici social-democratiche) se la dovranno pagare
lorsignori; crisi che non passerà sulla testa dei lavoratori tramite
i tagli alla spesa sociale tendente a ridimensionare ospedali, trasporti,
servizi pubblici, asili, scuole ed università.
Una volta giunti al
Provveditorato degli Studi, un consistente gruppo di studenti e lavoratori si è
staccato per raggiungere la facoltà di Scienze Politiche, centro di
elaborazione teorica ed implementazione pratica delle politiche
economico-sociali neoliberiste fatte proprie dalle burocrazie di vari partiti e
sindacati concertativi che popolano i nostri dipartimenti.
In migliaia quindi ci siamo
riappropiati di Via Conservatorio 7, davanti la faccia basita del nostro
preside(nte) che fino ieri blaterava del fatto che coloro che si mobilitavano non
fossero rappresentativi di nulla e che gli studenti non fossero partecipi.
Questa partecipazione diretta è la nostra democrazia!
Mentre alcuni studenti stanavano
i baroni rossi (spesso brillanti menti sindacali che si rintanano nei loro
dipartimenti) con l’obiettivo, vano, di fargli prendere una posizione chiara
riguardo a questa legge – è stata lanciata l’assemblea di facoltà. Abbiamo
tratto un bilancio della prima settimana di lotte per giungere alla conclusione
che l’unica via per abrogare questa legge e mutare l’attuale assetto
dell’università pubblica – sempre più declinata agli interessi privati mediante
le sue cinghie di trasmissione baronali – sarà lo sviluppo autonomo e
continuativo della lotta.
Quindi, nessun dialogo con le
istituzioni accademinche che presumibilmente nei prossimi giorni cercheranno di
contenere l’autonomia espressa da studenti e lavoratori. Nessun rapporto con
queste centrali eversive antidemocratiche e baronali.
Nessuna concessione ai vari
rettori, presidi e rappresentati di ogni colore e risma che
intendono il servizi pubblico come mera macchina oliatrice del profit-state.
Al contrario, studenti e
lavoratori uniti nella lotta perché ogni (contro)riforma che colpirà
l’università pubblica si ripercuoterà sulle condizioni di vita di questi
ultimi.