Le Università italiane hanno visto, solo nell’ultimo anno, 26 mila laureati in meno. Dal 2010, anno in cui è entrata in vigore la riforma Gelmini, ad oggi, sono 12 mila in meno gli immatricolati.
Sempre più famiglie, infatti, si trovano impossibilitate ad affrontare spese in costante aumento, ma obbligatorie per proseguire gli studi. Uno studente, uscito dalle superiori, ha di fronte a se un minimo di tre anni di percorso universitario nei quali dovrà sobbarcarsi tasse altissime, costanti spese per trasporti e libri di testo, oltre a quelle collaterali, quali mense e affitti nel caso dei fuori sede.Oggi la maggior parte delle famiglie in difficoltà economica non ha alcuna possibilità di scelta riguardo al futuro dei propri figli, essendo l’investimento nell’istruzione troppo oneroso e ben poco proficuo.Ecco quindi che il numero dei laureati diminuisce di anno in anno, poichè lo studio universitario sta diventando sempre più un “bene di lusso” che sempre meno persone possono permettersi. E nondimeno le stesse lauree, ottenute spesso con notevoli sacrifici, non offrono più alcuna garanzia di un lavoro fisso o ben retribuito.
In questa situazione di mancanza di qualsiasi prospettiva futura per noi giovani, si colloca la nuova “opportunità” offerta dall’Università Statale di Milano: un consistente sconto sulle tasse del primo anno per pochissimi “ultra-meritevoli”, ovvero per quanti avranno ottenuto un voto di maturità pari a 100 o 100 e lode. Sconti che saranno totalmente indipendenti dalle soglie di reddito, come si premura di farci sapere la stessa Università tramite il suo sito web.
Totalmente indifferente alla massa di studenti in difficoltà economica, l’Università Statale di Milano sceglie di offrire ricchi premi ad una piccolissima minoranza di studenti eccellenti. Questa mancanza della discriminante di reddito è ulteriore conferma di quanto portano avanti da decenni le università italiane, assoggettate ai dettami del mercato lavorativo: la progressiva espulsione dagli studi universitari delle fasce meno abbienti, quelle più colpite dalla crisi. Oggi l’esigenza del mercato non è più avere un gran numero di lavoratori qualificati, ma incrementare sempre di più il numero dei “potenziali lavoratori”, un esercito lavorativo di riserva, facilmente interscambiabile, e quindi sfruttabile. Lavoratori variamente formati che resteranno a disposizione delle aziende per sostituire quanti non si siano dimostrati abbastanza “flessibili” e pronti ad accettare qualsiasi condizione. Ed è per questo che da anni assistiamo a tagli sempre maggiori del diritto allo studio: tagli alle borse di studio, riduzione delle agevolazioni per i costi degli abbonamenti dei mezzi di trasporto, eliminazione dei pasti nelle mense, chiusura degli studentati.
Noi, come studenti e lavoratori, siamo convinti che il diritto allo studio debba essere universale e che di tale diritto debbano godere (sembra assurdo doverlo sottolineare) anche quanti non abbiano ottenuto 100 alla maturità. Le poche briciole distribuite ad un elité meritevole, nascondono un’intera torta che viene ogni anno rubata dalle nostre tasche, e un diritto allo studio del quale vengono privati sempre più giovani.
E’ proprio in questo contesto che l’Università menziona questa nuova “offerta” come un “non indifferente” (cit Repubblica) sforzo economico, per cui saranno impiegati ben 4,3 milioni di euro, mentre nel bilancio del 2015 sono previsti 172 milioni di avanzo nelle entrate!
Riteniamo che nessuno possa esimersi dal rivendicare i propri diritti: nel caso specifico, che il diritto allo studio abbia un reale significato e non sia una parola priva di senso, ovvero che i fondi dell’università vengano destinati ad abbattere le maglie che rendono l’Università un’istituzione classista.
Il diritto allo studio deve assicurare l’accesso all’università a prescindere dal voto, le agevolazione devono essere garantite come diritto universale.
UNIVERSITÀ PER TUTTI, LIBERA E GRATUITA.